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Paura dell’acqua, come affrontarla con il bambino

paura dell'acqua
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Fino a due-tre anni, quando era piccolissimo, il nostro bambino sguazzava felice con il suo salvagente, rideva tra le onde, non si faceva problemi se gli spruzzi d’acqua gli arrivavano sul viso. Perché allora, adesso che è più grandicello, non vuole saperne di entrare in acqua al mare o in piscina? Si tratta di una paura abbastanza diffusa tra i bambini dai cinque anni in su, fino verso i dieci, quindi proprio quando non sono più piccolissimi. È proprio per questo che hanno timore. Iniziano a sviluppare paura verso quello che non conoscono, verso ciò che li fa sentire insicuri e non sanno padroneggiare. Si tratta di un atteggiamento autoprotettivo, quasi tutti attraversano possono attraversalo. Quindi, tranquilli: nostro figlio imparerà a nuotare e anche bene, se noi genitori avremo il giusto atteggiamento e se lo porteremo regolarmente in piscina, senza però forzarlo.

Sicurezza in acqua, rispettare i suoi tempi

È necessario che il bambino prenda confidenza con l’acqua in modo autonomo, ovvero sarà lui a decidere quando è pronto. Tenerlo per le mani per poi lasciarlo andare improvvisamente, oppure rubargli il salvagente sperando che impari a stare a galla, può solo causargli shock e sensazione di essere stato tradito, inducendolo a non fidarsi più. Quindi lasciamo che si avvicini lui all’acqua, scegliendo l’approccio che preferisce. Sicuramente scegliere una spiaggia con un fondale basso e sabbioso, dove il piccolo possa sguazzare e camminare in sicurezza con l’acqua alle ginocchia, è un modo per fargli prendere confidenza. Lo stesso vale per la piscina o i laghi balneabili: se sono bassi e alla sua portata per lui sarà più facile avvicinarsi senza timore. Permettiamogli poi di restare tra le onde e l’acqua bassa a giocare, correre, rotolarsi, per prendere confidenza e soprattutto di stare con gli altri bambini, ovviamente sorvegliandolo. Insieme con i coetanei si farà forza e presto debutterà in acqua di sua spontanea volontà.

Mai fare confronti e umiliazioni

Ci sono poi atteggiamenti che vanno assolutamente evitati: no a portargli via il salvagente, a sgonfiargli i braccioli e così via. Vietato anche prenderlo in braccio andando insieme al largo e immergendosi nonostante i pianti e le proteste. Sarà un’umiliazione difficile da dimenticare. No anche ai confronti con i coetanei, del tipo: il tuo amico ha la tua età e nuota già da solo. Sono controproducenti e inducono il rifiuto. Ugualmente sbagliati sono i ricatti: se nuoti senza salvagente ti compro un giocattolo, se piangi vuol dire che non mi vuoi bene. Lasciamo che stabilisca lui o lei il momento in cui si sentono pronti. Concediamo fiducia: ci stupiranno e migliorerà anche l’autostima.

Sahalima Giovannini

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