Padri gelosi del “piccolo intruso”
23 Febbraio 2009
Darwin scienziato per bambini
27 Febbraio 2009

Quando l’estraneo inizia a far paura

Condividi sui social

Fin ad oggi il vostro bambino andava in braccio a tutti senza timore, ora che ha compiuto otto mesi anche il saluto di uno sconosciuto lo spaventa. Vediamo insieme cosa fare.

Un bambino trascorre nove mesi nel grembo della mamma, protetto dal caldo tepore del liquido amniotico. Alla nascita, la sensazione di protezione e serenità regalata dal liquido che lo ha avvolto per nove mesi viene rivissuta dal piccolo nel tenero abbraccio della mamma che accompagna l’allattamento. In questa fase di unione simbiotica il bimbo non ha ancora la percezione del sé come essere distinto. Solo con il passare dei mesi comincia un graduale processo di distacco tra mamma e figlio: man mano che il piccolo dorme meno durante la giornata, gli intervalli tra una poppata e l’altra diventano, infatti, intervalli di “separazione” reale. Ed è attraverso questo passaggio che il bambino arriva ad acquisire la coscienza di sé come essere diverso e separato dalla mamma. Ma questa consapevolezza non può che “spaventare” il piccolo, soprattutto quando si trova a contatto con persone diverse da quelle del sua stretto ambito familiare. È, dunque, a questo punto della crescita di un bambino, più o meno intorno ai 7/8 mesi, che si manifesta quella che comunemente viene definita la “paura dell’estraneo”. Il piccolo è spaventato dalle attenzioni delle persone che incontra, il suo viso esprime timore, a volte scoppia in un pianto a dirotto e, diversamente da quel che accadeva prima, si rifiuta di “separarsi” dalla mamma per andare in braccio “all’estraneo”.

Cosa fare per rassicurare il bambino

Il pianto rappresenta in questo caso la richiesta di aiuto del piccolo, che solo così può far capire che qualcuno o qualcosa lo sta spaventando: la vicina di casa con la quale si scende in ascensore, il collega di lavoro incontrato per strada, ma anche l’amica che il piccolo ha già conosciuto e in braccio alla quale è già stato in passato. La nuova consapevolezza di “separazione” dalla mamma cambia infatti la percezione della situazione e la disponibilità del bambino a rapportarsi con gli estranei. Questa reazione negativa e improvvisa del bambino ci mette a volte in imbarazzo e sembra offendere la persona che abbiamo incontrato, ma è la paura del piccolo la cosa più importante da tenere in considerazione. Il bimbo, dunque, non va forzato ad andare in braccio all’estraneo, ma va rassicurato: il contatto fisico, il tono sereno della voce lo aiuteranno a ritrovare presto la calma.

Come aiutare il piccolo a superare la paura

Il processo di crescita del bambino prevede che la “paura dell’estraneo” scompaia autonomamente con il passare dei mesi. Influiscono tuttavia su questo passaggio fattori ambientali e psicologici. Ci sono genitori che senza preoccupazione affidano il proprio bimbo in braccio ad amici e parenti e genitori che per timore e gelosia non sono sempre contenti delle attenzioni che il piccolo riceve. È evidente che in questo ultimo caso il processo di superamento della “paura dell’estraneo” avverrà con maggiore lentezza: nella titubanza dei genitori ad affidarlo ad altri il piccolo leggerà infatti la conferma che la sua paura è fondata, che c’è qualcosa da “temere” nell’’estraneo. Al contrario in una famiglia aperta, che vive momenti di serenità con i propri familiari, che accoglie spesso amici nella propria casa, nella quale i genitori si fidano della capacità degli altri di prendersi cura del proprio bambino, il piccolo supererà più rapidamente la sua “paura dell’estraneo”. Timore che deve essere tenuto in considerazione anche quando arriva il momento di inserire il bambino in un asilo nido o di affidarlo ad un tata. Il “periodo di adattamento” suggerito in tutti e due i casi serve infatti al piccolo proprio per prendere confidenza con le persone che si devono occupare di lui e superare la paura che l’assenza della mamma comporta. Un decina di giorni di compresenza in casa con la tata ed una settimana di prolungato accompagnamento nella classe dell’asilo nido bastano, il più delle volte, a trasmettere al piccolo la serenità necessaria per affrontare il distacco.

 

Maria Germana Imbrighi

Registrati o Accedi

Lascia un commento