Pubblicato su The American Journal of Clinical Nutrition e coordinato da Celeste Beck della Pennsylvania State University, l’indagine ha esaminato gli effetti dei livelli sierici di 25-idrossivitamina D sugli esiti della gravidanza e sulla crescita del feto. La vitamina D gioca un ruolo importante per la gestazione, livelli inferiori a 40 nmol/L nel primo trimestre sono stati associati a un aumento del rischio di parto pretermine, oltre a provocare una riduzione nella durata media della gravidanza.
Lo studio ha evidenziato che lo stato della vitamina D della madre nel primo trimestre di gravidanza non influisce sul peso del neonato. Inoltre, i livelli di vitamina D nel secondo trimestre non sembrano influenzare gli esiti della gravidanza. Questo è un dato significativo, poiché il 28% delle donne in gravidanza o in allattamento negli Stati Uniti affronta un rischio di deficit di vitamina D. Questo rappresenta un problema di salute pubblica significativo, considerato che uno stato insufficiente di vitamina D, ovvero inferiore a 50 nmol/L è stato collegato a diverse complicanze come pre-eclampsia, diabete mellito gestazionale e parto pretermine. Uno studio pubblicato su Nutrients ha ulteriormente sottolineato che bassi livelli di vitamina D durante la gravidanza possono accelerare lo sviluppo epigenetico del feto, risultando in un avanzamento rispetto all’età gestazionale prevista e una riduzione dell’altezza alla nascita, pur non influenzando il peso. Questa ricerca suggerisce che la vitamina D non è solo essenziale per la salute ossea, ma potrebbe anche avere un ruolo nella programmazione epigenetica dello sviluppo fetale.
L’obiettivo dello studio era chiarire se i livelli di vitamina D della madre nel primo e secondo trimestre fossero collegati a una crescita fetale alterata o agli esiti avversi della gravidanza. Durante l’indagine, i ricercatori hanno misurato i livelli sierici di 25-idrossivitamina D delle partecipanti tra la sesta e la ventunesima settimana di gestazione, osservando la crescita fetale tra la sedicesima e la ventinovesima settimana. Inoltre, sono state raccolte misure antropometriche neonatali alla nascita. Dai risultati è emerso che il 20% delle partecipanti presentava livelli insufficienti di vitamina D nel primo trimestre. Un aumento di 10 nmol/L nei livelli di vitamina D nel primo trimestre era associato a un incremento di 0,05 nello z-score lunghezza-età, ma non mostrava correlazione con il peso o la circonferenza cranica. Le donne con livelli di vitamina D inferiori a 40 nmol/L nel primo trimestre avevano un rischio di parto pretermine 4,35 volte superiore rispetto a coloro con livelli di 80 nmol/L. Tuttavia, i livelli di vitamina D nel secondo trimestre non mostravano associazioni significative con modelli di crescita fetale o esiti della gravidanza.
Questo studio sottolinea l’importanza di monitorare e, se necessario, integrare i livelli di vitamina D nelle donne in gravidanza, evidenziando come livelli adeguati possano contribuire a ridurre il rischio di complicanze e favorire uno sviluppo fetale sano.
Dott.ssa Rosalba Trabalzini
Responsabile scientifico Guidagenitori.it
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