Nel nostro paese si praticano tanti parti cesarei: anzi, troppi, almeno stando ai dati diffusi lo scorso anno, tuttora validi, dal Ministero della Salute, secondo i quali il 29,31% dei parti totali avviene con taglio cesareo. Un record, con l’aggravante che il 43% dei primi parti cesarei sarebbe ingiustificato. Questo comporta uno spreco di denaro pubblico, calcolato attorno ai 80-85 milioni l’anno. L’aspetto più serio, però, è l’aumento dei rischi per la salute della donna e del neonato, perché il cesareo espone a una maggiore possibilità di complicanze rispetto al parto naturale che proprio perché naturale non ne ha.
Troppi cesarei che non sempre servono
L’indagine è stata avviata quando i carabinieri dei Nas hanno acquisto e verificato a campione 3.273 cartelle cliniche di 78 strutture pubbliche e private per accertare la corrispondenza tra le schede di dimissione. I dubbi sulla validità sono stati sollevati quando gli esperti hanno notato che una situazione come la – posizione anomala del feto – frequente causa di cesareo, risultasse sopra il 20 e addirittura il 50% tra tutti i primi parti cesarei, contro una frequenza media nazionale dell’8%. Questo ha fatto sorgere il sospetto di una utilizzazione opportunistica della diagnosi, non basate su reali condizioni cliniche. Inoltre, in varie situazioni le cartelle cliniche sostenevano fatti differenti rispetto a quanto documentato dalle indagini ecografiche o radiologiche. Talvolta addirittura mancava nella cartella clinica la documentazione stessa volta a supportare la diagnosi. Quando i dati raccolti creano dubbi sulla legalità dei comportamenti adottati, è necessario intraprendere la strada giudiziaria. Per questo sono iniziate le indagini dei carabinieri giungendo alla conclusione che quasi la metà dei parti effettuati nel nostro paese non sono necessari e, purtroppo, spesso la via chirurgica viene scelta proprio per aumentare il costo sostenuto dall’ospedale. Se, invece, ci si limitasse ai cesarei solo per le reali necessità, gli 85 milioni di euro risparmiati potrebbero essere utilizzati per attuare progetti di salute pubblica legati al benessere di mamma e bambino.
Ci sono più rischi con il parto cesareo
I rischi legati al parto, sia naturale sia con taglio cesareo, sono bassi, ma essere sottoposte a un taglio cesareo elettivo a termine di gravidanza comporta alcuni rischi maggiori. Rispetto a una donna con parto naturale, una donna sottoposta a parto cesareo ha un rischio triplo di decesso a causa di complicanze anestesiologiche, un rischio di lesioni vescicali o ureterali fino a 37 volte maggiore e ha una probabilità di sottoporsi a laparotomia esplorativa post-partum aumentata di circa 18 volte. La complicanza di maggior impatto è la rottura dell’utero in una successiva gravidanza, la cui probabilità dopo un taglio cesareo è di 42 volte superiore rispetto a dopo un parto vaginale. Di tutte queste complicanze la donna non sempre è messa al corrente. E’ evidente, quindi, che il taglio cesareo è un intervento chirurgico non privo di rischi e deve essere eseguito solo se si verificano le condizioni mediche che lo rendono necessario. Se non vi sono controindicazioni, il parto naturale è da preferire al cesareo.
Cesareo, di che cosa si tratta
Il taglio cesareo può essere programmato, quando le condizioni materne o fetali renderebbero il parto impossibile o comunque pericoloso. In questo caso si parla di taglio cesareo elettivo. Le condizioni che possono sconsigliare il parto naturale e quindi indurre a ricorrere al cesareo elettivo sono:
Il cesareo in urgenza può essere effettuato in travaglio per anomalie della dilatazione del collo uterino, difficoltà nella discesa della testa del bambino oppure quando il feto non sopporta più lo stress del parto e va in sofferenza di ossigeno.
Sahalima Giovannini