La Lotus Birth, ovvero la pratica di lasciare l’intero complesso placentare integro, quindi senza recidere il cordone ombelicale si sta diffondendo anche nel nostro paese. In pratica l’intera placenta resta attaccata al bambino fino a quando il cordone, mummificato, si stacca spontaneamente, questo processo impiega dai tre ai dieci giorni per avvenire. Questo periodo può essere definito anche come momento di transizione così da lasciare più tempo al bambino di accomodarsi alla vita senza il trauma del taglio. Inoltre, in questo modo tutto il nutrimento della placenta continua a passare al bambino fino al totale esaurimento.
La Lotus Birth è stata descritta come pratica comune negli scimpanzé e, anche se non ci sono prove documentate, sappiamo che ci sono alcune culture a praticarla: i Maori della Nuova Zelanda seppelliscono la placenta ritualmente sui marae ancestrali, la cultura Hmong, una tribù di collina dell’Asia sudorientale, crede che la placenta debba essere recuperata dopo la mummificazione per assicurare l’integrità fisica nella vita successiva per questo la placenta è sepolta all’interno della casa della nascita del bambino.
Gli esperti della Società Italiana di Neonatologia – SIN – in merito alla pratica del Lotus Birth hanno espresso parere totalmente negativo: è una pratica da sconsigliare per il benessere sia della mamma sia del bambino. Potrebbero infatti sorgere infezioni difficili da trattare mentre gli ipotizzati vantaggi non trovano un riscontro concreto. Tutti i benefici del sangue placentare cessano nel momento stesso in cui il cordone smette di pulsare. In pratica la Lotus Birth prevede che il complesso placentare resti attaccato al bambino e come tale deve essere trasportata insieme al piccolo con tutti gli svantaggi che ne derivano oltre a quello del cattivo odore. Purtroppo, nonostante il parere contrario degli specialisti, in alcuni centri nascita la pratica viene messa in atto su richiesta della mamma e questo nonostante ci sia una legge che non consente di portare la placenta fuori dalla struttura ospedaliera, dovendo essere smaltita come rifiuto ospedaliero speciale. Decreto Legge 152/2006; GSA igiene urbana N.3/2012; DPR 254, luglio 2003
Dott.ssa Rosalba Trabalzini
Responsabile scientifico di Guidagenitori.it