Iter del disegno di legge sulla modifica dell’applicazione dell’affido condiviso

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Iter del disegno di legge sulla modifica dell’applicazione dell’affido condiviso

divorzio affido condiviso

divorzio affido condiviso

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La Legge n. 54 esprime un principio assolutamente irrinunciabile –  quello dell’affido condiviso –  in caso disgregazione del nucleo familiare, ossia al momento della separazione dei genitori. L’affido condiviso, infatti, si fonda sulla regola della bi-genitorialità: regola che tutela tute le parti in causa, i figli da un lato e i genitori dall’altro. In questi anni di vigenza, però, – dal 2006 ad oggi –la Leggen. 54  si è scontrata con notevoli  difficoltà applicative, probabilmente a causa di alcuni aspetti lacunosi che, irrimediabilmente, hanno determinato un vuoto normativo. Il DDL  n. 957 è finalizzato proprio a rimuovere le zone d’ombra e ad apprestare una disciplina che sia il più lineare possibile, cassando dall’impianto normativo i punti ambigui e difficilmente interpretabili. Ai margini dei lavori in Commissione Giustizia a Palazzo Madama, analizziamo questo rilevantissimo provvedimento in itinere in Parlamento conla Senatrice Gallone, la quale con granitica determinazione sta lavorando su tale annoso tema.

Le difficoltà applicative della legge n. 54 del 2006 – che ha introdotto l’affido condiviso – sono state molteplici ed hanno determinato un dibattito molto aspro. La proposta di modifica, insita nel DDL. 957 di cui Lei è relatrice,   si fonda su un’analisi critica dell’associazione “Crescere insieme” , caldeggiata dal Prof. Marino Maglietta. Perché  il doveroso concetto di “bi genitorialità” non ha ottenuto un’applicazione corretta e lineare?

Al riguardo è quanto mai opportuna una premessa: grazie a  questo provvedimento all’esame del Senato, noi ci prefiggiamo come obiettivo la chiarezza:  gettare luce sui punti più controversi, tenendo conto delle istanze provenienti dalle persone che sono state costrette a scontrarsi, dal 2006 ad oggi,  con le difficoltà insite nella legge. Ciò premesso, voglio ribadire che la Legge n. 54 del 2006 è una legge giusta perché ha introdotto nel nostro ordinamento un principio doveroso: quello dell’affido condiviso in caso di separazione dei genitori. Ma il problema sostanziale è il seguente: quanto effettivamente nella prassi si riesce ad attuare la regola dell’affido congiunto? Sarebbe impossibile negare che gli ostacoli interpretativi ed applicativi  abbiano creato una certa diffidenza nei confronti di questo impianto normativo.  Trovare un equilibrio costituisce, oggi,  una priorità. Un punto focale, su cui io personalmente ho richiesto fosse posta l’attenzione con particolare sollecitudine, concerne l’equiparazione dei tempi che il minore trascorre con ambedue i genitori. Occorre, però, fugare il campo da equivoci ed analisi ermeneutiche parziali: il principio  dell’ equiparazione dei tempi, infatti, non deve essere interpretato in maniera semplicistica come eguaglianza temporale in chiave quantitativa, ma come equità in termini di qualità del tempo.  A titolo esemplificativo, non è possibile che un genitore si dedichi unicamente alle attività ludiche del minore e l’altro, invece, sia investito delle responsabilità educative e formative, perché  l’ esercizio congiunto della potestà – insito nell’affido condiviso – postula la condivisione totale di tutte le decisione. Se si addiverrà a questo obiettivo vorrà dire che la Legge n. 54 riuscirà a trovare un’attuazione integrale.

L’AIMMF – l’Associazione italiana dei Magistrati per i Minorenni e perla Famiglia- ha palesato una certa diffidenze nei riguardi delle modifiche contemplate dal DDL  n. 957: in particolar modo nei confronti del “doppio domicilio” che, a parere dell’AIMMF, potrebbe determinare  un “pendolarismo”, pericoloso per la crescita psico-fisica del minore.

 Tali problematiche,  in  verità,  vanno analizzate in maniera approfondita;  nel momento in cui i genitori di un minore decidono di separarsi legalmente è consequenziale   che il  figlio “inizierà a spostarsi “ da un ‘abitazione all’atra. La nostra intenzione è di disciplinare l’aspetto del “doppio domicilio del minore”,  colmando un ulteriore vuoto normativo che ha dato vita a  non pochi problemi.  Anche qui occorre fugare il dubbio da interpretazioni fuorvianti,  perché la volontà  del Legislatore non è certamente quella di equiparare i concetti giuridici di residenza e domicilio, né tanto meno di considerare il minore alla stregua di un “pacco postale”. Si tratta di un “doppio domicilio” finalizzato alla realizzazione, in concreto,  dell’affido condiviso e alla tutela  del ruolo e dei diritti del cosiddetto genitore “non collocatario”.

Il DDL n. 957 contempla anche un’ulteriore novità che ha suscitato un grande clamore mediatico: la legittimazione attiva dei nonni a presentare l’istanza in giudizio per il “diritto di visita”.  Anche con riferimento a questo aspetto, però, non sono mancati i rilievi critici.

 E’ esattamente così; anche questo è un punto notevolmente dibattuto.  A mio avviso,  il ruolo dei nonni nel processo formativo dei minori è assolutamente prezioso e fondamentale ma c’è, invece,  chi ha eccepito che gli ascendenti – nel caso di specie i nonni – possano contribuire a creare confusione, nei momenti di crisi della famiglia,  rappresentando un ulteriore elemento di stabilizzazione.  Ma io preferisco porre l’accento su quella che, a mio parere, è la situazione fisiologica – ossia quella che vede i nonni come protagonisti  attivi, necessari, positivi nell’educazione del minore – e non sulla situazione patologica, vale a dire quella che emerge nei  casi in cui i nonni assumono un ruolo deleterio e destabilizzante. Riconoscere e disciplinare, pertanto, il diritto di visita degli ascendenti  rappresenta un dovere che non possiamo ignorare.

Senatrice Gallone, il  DDL n 957  prevede l’obbligatorietà della mediazione familiare in caso di separazione dei genitori. L’AIMMF ha espresso la propria netta contrarietà in merito.

E’ così: i contrasti vertono proprio sulla obbligatorietà della mediazione familiare, attualmente  contemplata dal disegno di Legge n. 957. Ma al di là della “controversa obbligatorietà” della mediazione, ciò che mi sta a cuore, in qualità di relatrice, è ottenere un altro risultato: la specializzazione del mediatore familiare che deve essere iscritto in un apposito  albo da istituirsi,  in modo tale che possa aversi immediatamente contezza delle sue competenze, necessarie per operare in un settore così complesso, quale è quello che concerne i minori. 

Può darci, infine, il suo parere su un tema  di stringente attualità: la “discriminazione” che spesso colpisce i padri separati. Lei pensa che il DDL n. 957 potrà garantire una tutela certa anche nei loro riguardi?

Io penso di sì, perché noi stiamo lavorando  essenzialmente  sulla parificazione dei ruoli che costituisce un elemento da cui non si può prescindere, anche per cassare quei pregiudizi che hanno collocato da sempre la figura paterna su un piano deteriore. Voglio esprimermi in modo molto diretto: questo provvedimento, ora al vaglio del Senato,  vuole configurarsi come una legge il può possibile equa, nell’esclusivo interesse dei figli. E l’interesse primario dei figli si concretizza proprio mantenendo saldi i rapporti con ambedue i genitori, a maggior ragione nel momento  di disgregazione del nucleo familiare.  Pertanto,  munus del Legislatore è sostenere la famiglia e si tratta di un munus da adempiere con somma attenzione. Ed io non mi fermerò fino a quando l’iter  legislativo non avrà avuto la sua concreta e integrale attuazione. E’ un dovere giuridico, sociale, culturale,  etico, che avverto in qualità di parlamentare della Repubblica ma anche  in qualità di cittadina.

Gianluca Abbate
Avvocato specializzato in Diritto di Famiglia,
con attività di ricerca in Diritto Matrimoniale Canonico
presso la Pontificia Università San Tommaso D’Aquino in Urbe

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