L’indagine Eurispes sulle politiche familiare conferma la carenza di strutture per la prima infanzia
Se mai ce ne fosse stato bisogno, se mai qualcuno avesse dubitato della propria esperienza personale, ecco che a conferma della cronica carenza di asili nido in Italia arriva l’indagine Eurispes sulle politiche familiari: il 32 per cento dei bambini iscritti rimane in lista di attesa. Più di tre famiglie su dieci sono costrette ogni anno ad arrangiarsi, a chiedere aiuto a nonni e parenti, a pagare un asilo nido privato o una baby sitter.
La mappa regionale del disastro
Ma tre su dieci è solo la media. Perché andando a leggere i dati regionali ecco che si delinea con più chiarezza la mappa del disastro. Le maggiori carenze si registrano in Trentino Alto Adige dove in lista di attesa finisce quasi il 60% dei bambini iscritti. Anche in Liguria e in Valle d’Aosta la percentuale di bambini che attendono di andare all’asilo supera quella delle domande accolte: il 55,8% nella prima, il 51,7% nella seconda. Ma le cose vanno peggio della media nazionale anche in Veneto (41,5%), in Friuli Venezia Giulia (37,8%), nel Lazio (36,5%), in Toscana (34,9%) e in Sardegna (33,7%).
Il “soccorso” delle strutture private
La carenza delle strutture pubbliche è la “fortuna” delle strutture private, che oggi coprono, a livello nazionale, oltre un quinto dell’offerta complessiva: 604 asili su 3.008 sono infatti di tipo privato. In alcune regioni e province autonome, rivela l’istituto di ricerca, l’incidenza del privato sul complesso degli asili nido è però molto più rilevante, come nella provincia autonoma di Bolzano (43,7%), in Veneto (52,2%), in Campania (52,9%), e Calabria (45%). Per l’Eurispes, tuttavia, “l’insufficienza di strutture sostenute da risorse pubbliche può essere solo parzialmente compensata dalla presenza di asili nido privati. L’elevato costo dei servizi di tipo privato impedisce infatti di considerarli una valida alternativa. Inoltre, la percentuale di domande d’iscrizione agli asili nido, pubblici e privati, rimaste inaccolte è molto elevata, anche nei territori caratterizzati da una maggiore presenza di servizi privati”.
Mancano i soldi per le politiche familiari
La verità, rivela l’Eurispes, è che in Italia c’è una “rilevante carenza di servizi per la prima infanzia”. E non potrebbe essere diversamente in un Paese dove si “spende” poco per la famiglia. L’Italia, rivela l’indagine, dedica appena lo 0,9% della ricchezza nazionale alle politiche familiari. Tutti gli altri Paesi dell’Unione Europea spendono molto di più per la famiglia, a partire dal Portogallo e dai Paesi Bassi che destinano l’1,2% del loro Pil alle politiche familiari. Seguono (in ordine crescente): Irlanda 1,9%, Grecia 2,1%, Regno Unito 2,4%, Belgio 2,6%, Austria 2,9%, Francia e Germania 3%, Lussemburgo e Finlandia 3,4%, Svezia 3,5%, Danimarca 3,8%. L’Italia è pertanto abbondantemente al di sotto della media dell’Unione Europea, che è pari al 2,3%. Solo la Spagna sta peggio di noi con lo 0,4% del Pil.
Le esperienze alternative negli altri Paesi
Tornando alla carenza degli asili nido l’Eurispes rivela che il problema esiste anche in altri Paesi europei, ma in molti casi questo a spinto gli amministratori a creare o a favorire la nascita di servizi innovativi e la diversificazione delle forme di cura. In Germania, ad esempio, dove gli asili nido scarseggiano e in alcuni Länder non sono nemmeno previsti come istituzione pubblica, è diffusa la Tagesmutter (letteralmente, mamma a giornata), che oltre a prendersi cura dei propri bambini si occupa anche di quelli degli altri (fino ad un massimo di tre). Si tratta di un servizio del tutto privato che offre, tuttavia, flessibilità di orari e costi ragionevoli: 1,5 euro all’ora per 40 ore settimanali o 1,7 euro per 20 ore settimanali. con un prezzo dei pasti variabile tra i 4 e i 7 euro. Servizio privato che alcuni Länder sostengono però finanziariamente per le famiglie a basso reddito.
Matteo De Matteis