Prendi il mattoncino blu: ed ecco che il piccolo ci porge mattoncino rosso. Ora usiamo il pennarello verde: e il bambino prende il pennarello giallo. Una, due, tre volte e alla fine il dubbio scatta automatico: ma il nostro bambino non sa associare il colore al nome o non vede i colori?
Prima di farci prendere dall’ansia, ricordiamo che solo dopo i tre anni i bambini distinguono e sanno riconoscere con sicurezza i colori. Non si tratta di un problema di vista, ma di esperienza. Già dal primo anno di vita, infatti, l’occhio è in grado di distingue tutte le tinte perché i fotorecettori posti nella retina sono già attivi. Il problema, per i bambini, è di imparare ad associare il colore al nome comunemente usato: capacità cognitiva che si acquisisce solo con l’esperienza. È utile stimolare i nostri bambini dedicando un po’ di tempo a qualche gioco che abbia come elemento centrale proprio il riconoscimento dei colori.
Arrivare ad una diagnosi di daltonismo, soprattutto dopo i tre anni, non è comunque difficile con la visita presso un oculista. I medici specialisti sono infatti in grado di eseguire un test utilizzando le tavole – pseudocromatiche – Si tratta di tavole stampate sulle quali sono presentate, secondo un ordine prestabilito, macchie di colore diverso che possono essere facilmente riconosciute da un soggetto con una visione normale ma non altrettanto da un soggetto con alterazione cromatica. Il piccolo viene posto a circa 40 cm di distanza dalle tavole illuminate da una lampada a luce solare. Per i bambini sono state messe a punto delle tavole specifiche con disegni facilmente riconoscibili: un pesce, una farfalla, un treno, una barca a vela. In alcuni casi, anche per ottenere una ulteriore conferma, i bambini possono essere sottoposti al test dei fili colorati: al piccolo vengono dati numerosi fili di lana, devono essere raggruppati per sfumature di colore fondamentali, tutti rossi da una parte e tutti i verdi dall’altra. L’eventuale confusione è l’ovvia conferma di un deficit della visione cromatica.
Il daltonismo è un problema più frequente di quanto si possa immaginare: si stima interessi l’8-10% della popolazione maschile e circa lo 0.5% di quella femminile. All’origine, c’è, nella stragrande maggioranza dei casi una anomalia genetica legata, appunto, al cromosoma maschile. Le anomalie di tipo acquisito sono molto meno frequenti e sono la conseguenza di lesioni specifiche della retina o dei fasci nervosi che portano le informazioni al sistema nervoso centrale. In alcuni casi possono essere anche la conseguenza dell’assunzione di alcune sostanze o di alcuni farmaci. In ogni caso, fino ad oggi la ricerca non è stata in grado di trovare una soluzione a questo difetto della vista, che va dunque considerato permanente.
Il termine daltonismo prende origine da John Dalton, un fisico e chimico inglese che nel 1798 descrisse un’anomalia della visione dei colori di cui era affetto lui stesso. Esistono diverse forme sintomatiche, causate dal fatto che l’occhio vede i colori scomponendoli in alcuni canali proprio come succede nei televisori, nelle pellicole fotografiche, nelle stampanti a colori o nelle telecamere. Lo squilibrio dei diversi canali da dunque origine a forme diverse di daltonismo e a differenti livelli: si può infatti soffrire di una cecità completa o solo parziale dei colori. La cecità per i colori può essere completa od incompleta e può interessare:
Dottoressa Rosalba Trabalzini
Responsabile scientifico di Guidagenitori.it
Il Covid-19 ha colpito al cuore anche l’economia, tutto si è fermato, pubblicità compresa, l’unica forma di sostentamento per fare e diffondere l’informazione medico-scientifica, obiettivo principale di Guidagenitori.it
I nostri giornalisti, tecnici informatici e tutti gli altri operatori che sorreggono il giornale, continuano a svolgere regolarmente il lavoro per offrire gratuitamente i servizi editoriali, nonostante le difficoltà economiche. Ecco perché il vostro contributo è prezioso.