Un giorno speciale per ricordare un padre tanto amato: nacque così, da un gesto di una donna americana, la celebrazione della festa del papà. Fu ufficializzata dalla signora Sonora Smart, di una cittadina vicina a Washington, che ottenne la celebrazione ufficiale di tutti i papà il 19 di giugno, giorno del compleanno del proprio padre, meritevole di essere ricordato come un genitore esemplare. Infatti la donna non aveva più la mamma ed era stata cresciuta solo dal papà, che le aveva fatto anche da madre. In seguito, negli Usa si stabilì che la festa del papà fosse una festa nazionale, da celebrare la terza domenica di giugno e si decise anche il fiore simbolo di questa festa: la rosa, rossa se il genitore era ancora in vita, bianco se non lo era più. Come accade per molte altre tradizioni, anche la Festa del Papà giunse in Italia. E, da paese di tradizione cattolica, si stabilì di celebrarla nel giorno dedicato al papà per definizione: San Giuseppe, il padre terreno di Gesù. San Giuseppe nel calendario cristiano si celebrava il 19 marzo: e fu sempre così da quel momento in poi.
La tradizione delle zeppole di San Giuseppe
San Giuseppe era considerato il santo protettore di tutte le persone più umili. Proteggeva i poveri, i falegnami, le ragazze che non trovavano marito. Per questo motivo per i primi anni la ricorrenza fu considerata una festività nazionale. Era particolarmente sentita soprattutto nell’Italia centrale e a Roma, dove si offrivano un po’ ovunque, nei forni, nelle pasticcerie e perfino in bancarelle agli angoli delle strade le famose “zeppole”, frittelle coperte di zucchero oppure farcite di crema e di ciliegie. La festa di San Giuseppe era una festa cristiana, ma come spesso accade si mescolava anche a culture pagane. Coincideva infatti con i riti di purificazione della campagna che segnalavano il passaggio dalla stagione fredda alla primavera. Nella tradizionale pagana, che affonda le radici addirittura nel periodo arcaico e pre-romano, si invocavano divinità maschili dalla grande virilità che favorissero un nuovo raccolto ricco e abbondante. Anche per questo motivo si festeggia in questo periodo il “papà” come simbolo della forza maschile fecondatrice, portatrice di vita tra gli esseri viventi e nella natura. La notte di San Giuseppe, infatti, si celebrava una festa che inneggiava alla rinascita della vita, accendendo un grande falò, mentre i giovani giocavano e ballavano e le donne, filando, innalzavano inni a San Giuseppe.
Pochi gesti di affetto per un giorno speciale
Oggi tutto è passato un po’ in sordina, da quando San Giuseppe non è più festa nazionale. Secondo noi, però, sarebbe bello se provassimo a ricordarla, considerandola come un giorno un po’ speciale per i nostri papà. In fondo, se lo meritano: mai come in questi anni sono considerati un po’ degli… optional nella vita delle famiglie, a vantaggio del sempre maggiore potere delle mamme. Donne forti, che oggi lavorano, guidano l’auto e, nella loro qualità di mamme multitasking reggono bene la sfida di portare avanti la famiglia, mentre accompagnano i figli a nuoto dopo l’ufficio e ne approfittano per fare la spesa. Donne che, forse, presto potranno anche dare il proprio cognome ai figli. E i papà? Sempre più silenziosi, sono coloro che tornano a casa la sera, stanchi e spesso senza nemmeno la voglia di parlare. Pensiamoci un po’: davvero la famiglia sarebbe la stessa senza il papà che, la sera, arriva per ultimo, si siede a tavola con noi e, tra il burbero e il timido, ci chiede di condividere anche con lui le nostra giornata? Davvero la casa sarebbe così tranquilla quando si è tutti al sicuro sotto lo stesso tetto? Spesso le cose che si danno per scontate sono anche le più preziose e il papà e tra queste, con il suo affetto rude, di poche parole, forse un po’ imbarazzato, ma così importante e infinito. E il miglior augurio, allora, è solo uno: “Ti voglio bene papà!”
Lina Rossi