Certamente utile per aiutare i bambini ad essere indipendente e autonomi, non è sufficiente per insegnare loro il valore dei soldi. Per quello servono condivisione, dialogo ed esempi concreti e quotidiani.
“E’ mio!”. E’ la prima dichiarazione di possesso da parte di un bambino che, già intorno ai 2 o 3 anni, inizia ad affermare il “senso della proprietà” ed il proprio legame assoluto con gli oggetti. Da qui partirà il percorso destinato nel tempo a regolare anche il rapporto che, quello stesso bambino – poi adolescente ed adulto – avrà con il denaro. La gestione di questa “relazione pericolosa” sarà facilitata solo se il futuro uomo sarà aiutato nell’infanzia dagli adulti a superare tutte le tappe della propria evoluzione in modo corretto.
Dal possesso al valore delle cose
Il percorso di apprendimento del valore del denaro può essere suddiviso in quattro fasi fondamentali: il possesso: attaccamento alle cose (2-4 anni); lo scambio: il baratto tra le cose (5-7 anni); il controvalore: il denaro per le cose (8-10 anni); l’uso: la gestione del denaro (11 anni e oltre). Passando attraverso queste fasi il bambino scopre che la cosa inizialmente considerata di suo assoluto possesso e per questo da difendere da tutti, può essere scambiata con altri ed infine acquistata con uno strumento chiamato “denaro”.
Soltanto dai 7 anni in poi, quindi, è opportuno cominciare a parlare di soldi con i figli e a concordare con loro la “paghetta”, stabilendone insieme modi e tempi poiché solo a questa età, se indirizzato nel giusto modo, il bambino avrà acquisito la capacità di assegnare il corretto valore alle cose. Ma qual è il “giusto modo”? E soprattutto quali sono gli errori da evitare e le regole da seguire nello svolgimento del nostro ruolo di educatori.?
Figli del “dio denaro”
Spesso parlare di soldi con i figli è imbarazzante o assume, da parte degli adulti, toni superficiali o moralistici. Un tempo i giovani rifiutavano il denaro del padre in quanto sinonimo di sottomissione. Oggi i soldi hanno diversa connotazione: vengono investiti di affettività, caricati di significati legati ad amore, disponibilità e partecipazione emotiva. Spesso un bambino che chiede soldi a suo padre sta chiedendo altro e spesso un padre crede di dimostrare affetto verso il figlio riempiendolo di regali. I soldi insomma hanno assunto un significato metaforico.
Viene da sé a questo punto come il modo migliore per cominciare ad affrontare l’argomento denaro con i figli sia quello di fargli capire che non tutto si compra con i soldi e che ci sono valori che non hanno prezzo come i sentimenti o il tempo e che tutto ciò che con i soldi può essere comprato non potrà e non dovrà comunque mai sostituire i valori “senza prezzo” se si vorrà evitare di diventare “schiavi” della stessa propria voglia di possedere finendo con il “vendere”, invece, la propria libertà di agire e di scegliere. Sarà bene insomma rendere chiaro il concetto, magari con esempi pratici, che il denaro serve a far muovere la vita e non il contrario. A questo punto avrete gettato le basi per poter affrontare nel modo più corretto possibile il discorso “paghetta”.
Una “paghetta” per imparare
In Italia la paghetta è ancora utilizzata in modo prevalente con la finalità di “ricompensare” o comunque “a condizione che…”. Sono molti a pensare che questa sia una buona formula perché rappresenterebbe un riconoscimento dell’impegno gratificando quindi il bambino. Molti altri ritengono invece che questo sia un metodo completamente errato perché, oltre ad essere un tentativo per il genitore di gestire il proprio figlio, assegnerebbe un valore “pericoloso” al denaro: esattamente quello per cui è importante agire in un modo piuttosto che in un altro o lavorare bene al solo fine di ottenere denaro, unica futura motivazione dei comportamenti dell’adulto. In linea con questo concetto i sostenitori della “paghetta comunque” credono sia opportuno quindi non condizionare l’elargizione di denaro ai comportamenti dei figli ma stabilire una cifra fissa mensile o settimanale che il bambino o ragazzo potrà gestire liberamente. Questo raggiungerebbe la duplice finalità di responsabilizzare il figlio nell’utilizzo del denaro e di sviluppare un’adeguata autonomia che gli sarà di aiuto da adulto.
Istruzioni per l’uso
Una volta messo a fuoco l’obiettivo primo della nostra educazione sarà importante seguire delle opportune indicazioni.
Marina Giulia Bordoni