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Un Parco tra due regioni

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Un’area protetta nell’Appennino tosco-romagnolo custode di un elevato patrimonio floristico e faunistico

Un’estensione immensa di boschi (38.118 ettari), degna di competere con le più grandi foreste dell’Europa occidentale. Un paradiso naturalistico a cavallo tra due regioni, dove a cacciare cervi e caprioli è tornato il lupo. Un’oasi di verde, nel cui cuore da secoli comunità di monaci coltivano il silenzio. Tutto questo è il Parco nazionale delle foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna, nell’Appennino tosco-romagnolo.
Il versante toscano, nell’alta valle dell’Arno, appartenne per secoli al celebre e influente convento di Camaldoli, fondato da San Romualdo nei primi decenni dell’anno Mille. I camaldolesi sono frati che, ispirandosi alla regola benedettina, dedicano la loro vita alla preghiera e al lavoro. Attorno al convento piantarono migliaia di abeti bianchi, gli antenati dell’attuale abetina di Camaldoli. Il versante romagnolo invece, più aspro, fu di proprietà dapprima dei conti Guidi di Poppi (località dove ancora oggi si può ammirare il castello del casato), e poi dell’Opera del Duomo di Firenze. Quest’ultima, così, ne sfruttò il legname per rifornire gli arsenali di Pisa e Livorno e pure per la costruzione della cupola del Duomo fiorentino, capolavoro di Filippo Brunelleschi.
Prima del parco nazionale qui esisteva già sul versante romagnolo un parco regionale, e prima ancora la gestione da parte del Corpo forestale di migliaia di ettari di proprietà demaniale ha garantito da decenni la conservazione dell’ambiente.

Questo è il parco più verde d’Italia, rivestendo le foreste all’incirca l’80% della sua superficie. Le faggete interessano soprattutto le zone più alte, come quella dei monti Falco e Falterona (da dove nasce l’Arno) che, rispettivamente con 1.658 e 1.654 metri, sono le vette più elevate del parco. Le abetine sono invece particolarmente diffuse intorno a Camaldoli, dove l’antica comunità di monaci ha sempre rispettato il bosco incrementandone continuamente l’estensione.
Cuore dell’area protetta è la riserva integrale di Sasso Fratino, prima a sorgere in Italia nel 1959, dove in 764 ettari trovano spazio alberi secolari, tappeti di muschio e una ricca comunità animale. Qui l’ingresso è consentito solo per motivi di studio.
Altra riserva integrale è quella, attigua a Sasso Fratino, della Pietra.
L’intera zona è ricca di corsi d’acqua. Bidente, Rabbi e Montone sono i nomi dei fiumi che percorrono le valli romagnole. Dalla parte toscana scorrono gli affluenti di sinistra dell’Arno, come i torrenti Staggia, Fiumicello e Archiano. Presso Ridracoli, dove ha sede uno dei musei naturalistici presenti nell’area del parco, dal 1982 una diga eretta per fornire energia ai Comuni della pianura ha creato un invaso artificiale, frequentato da diverse specie di uccelli. Più suggestive sono le immagini delle cascate del fosso dell’Acquacheta, descritte da Dante nel XVI canto dell’Inferno. Assai varia e ricca è la flora, contando all’incirca 1.200 specie.
Nel parco, oltre a moltissime altre specie di animali, vivono quattro specie di ungulati: cinghiali, cervi, daini e caprioli. Di questi ultimi il numero è contenuto innanzitutto dalla predazione da parte del lupo, ma pure dagli inverni rigidi e dalla competizione del cervo. Quest’ultimo, più a suo agio del capriolo nei boschi maturi, dalla nascita del parco in avanti è dato in costante e progressivo aumento e attualmente se ne conterebbero un migliaio.

Tra le mete irrinunciabili nella visita del parco segnaliamo la cascata dell’Acquacheta, le cui acque compiono un salto di circa 70 m. scivolando veloci sulla roccia e, a tratti, precipitando dai cornicioni sporgenti, le foreste e il Monastero di Camaldoli e di La Verna, Campigna, il lago di Ridracoli, dov’è l’imponente diga completata nel 1982 per fornire energia e acqua ai comuni della pianura romagnola, il plurisecolare e gigantesco castagno Miraglia in località Metaleto alto 19 metri e con una circonferenza di ben 10,63 metri.
Per informazioni: tel.0575-50301.

In Rete:
Parco nazionale delle foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna

 

Domizia Luzzi

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