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Latte, domanda e offerta

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La produzione del latte è determinata prima di ogni altra cosa dalla richiesta regolare del bambino

Una delle preoccupazioni principali delle mamme che allattano è quella di non “avere” abbastanza latte per il proprio piccolo o di non “riuscire a produrne” tanto quanto ne sarebbe necessario. Molte volte questa preoccupazione è solo un’impressione, altre volte è effettivamente una condizione reale, che solitamente è reversibile. Per distinguere fra le due, bisogna partire da alcune considerazioni.

Come si produce il latte
Il latte si forma come risposta al meccanismo della “domanda-offerta”. La scienza veterinaria ci fa sapere che la produzione di latte nelle mucche è molto legata alla quantità e qualità del foraggio. Non si può dire altrettanto per la donna, poiché la quantità e qualità degli alimenti della nutrice devono essere spaventosamente scarsi, come può succedere in casi di denutrizione spinta o carestia, quali noi non vediamo più.
Ciò che fa latte è la richiesta di un bambino sano e normalmente affamato. Se il bambino è debole o prematuro o malato, o semplicemente dorme troppo, la richiesta di latte verrà sottostimate da parte delle ghiandole mammarie, che si metteranno in fase di riposo. L’organismo, estremamente efficiente poiché produce latte col minimo dispendio calorico, tende a… risparmiare fatica. Durante le prime 6 settimane circa d’allattamento le ghiandole mammarie si saranno “calibrate” sull’esigenza di quel bambino, di quel sesso, di quella età gestazionale, di quel peso nascita. E’ però fondamentale che durante tale periodo il bambino abbia avuto libero accesso al seno, senza restrizioni d’orario e durata delle poppate, né di giorno né di notte; senza oggetti che interferiscano col suoi bisogni alimentari come il succhiotto. Alla fine delle sei settimane si raggiunge di solito l’apice della produzione, che aumenterà di pochissimo nei 5-6 mesi successivi, mentre il bambino continuerà a crescere. Nel primo mese il bambino può andare al seno 8-12 volte per 24 ore, se lo desidera, a patto che si attacchi bene.

Attaccamento e posizionamento
Se il piccolo, non viziato dall’uso di biberon e succhiotti, apre bene la bocca e ingloba la porzione inferiore dell’areola oltre che il capezzolo, ci sarà un efficiente trasferimento di latte e non ci sarà dolore. Inizialmente può esserci del fastidio, ma se questo va aumentando e diventa una vera e propria irritazione, questo è un campanello d’allarme: il bambino non è ben attaccato e dobbiamo staccarlo dal seno. Le possibili ragadi che talora compaiono non sono perciò causate da una cute troppo delicata o da una suzione del bambino troppo avida, ma dal cattivo attaccamento. A nulla valgono creme, topici, lozioni, pomate cortisoniche o antibiotiche ecc. (anzi, sono controproducenti) se il bambino e la mamma non imparano il buon attaccamento al seno. Altrettanto importante è il corretto posizionamento: spessissimo vedo neonati seduti in grembo alla mamma, come appesi al seno. La spalla della mamma è contratta e la schiena incurvata. In queste condizioni è chiaro che un allattamento non può durare a lungo. Il piccolo va tenuto di fianco rivolto verso la madre e sostenuto all’altezza del seno; questo va sostenuto (se grande) con l’altra mano che pone il pollice sopra e le quattro dita sotto la mammella. Il piccolo, con la bocca di fronte al capezzolo, viene portato rapidamente al seno un attimo dopo aver spalancato la bocca.
Nella stragrande maggioranza dei casi il latte diminuisce, perché il piccolo poppa poche volte, è attaccato male, è posizionato male. Correggendo questi punti, nella maggior parte dei casi il latte ritorna.

Come capire se il bambino si nutre bene
Per verificare se un bambino prende (solo) latte materno a sufficienza occorre:

  • Che faccia pipì chiare e inodore a partire dal terzo-quarto giorno di vita, sempre più frequenti fino a sei dal sesto giorno in poi
  • Che faccia popò color giallo oro, o senape, liquida o grumosa a partire dal quarto giorno in poi (prima ci sono feci miste a meconio), in numero di sei o più a partire dalla prima settimana di vita e per il primo mese. In seguito evacuerà una volta il giorno o anche meno
  • Che, dalla fine del calo fisiologico, quindi idealmente dal quarto giorno di vita, cresca almeno 125 g a settimana per i primi sei mesi di vita circa. Non occorre fare la doppia pesata: è imprecisa, porta via tempo, dà solo idea della variabilità delle poppate
    Se perciò il bambino piange troppo o è irrequieto, ma si attacca spesso e bene e cresce a sufficienza, i motivi del pianto vanno cercati altrove. Se dorme oltre le quattro ore e quindi non poppa più di 5-6 volte al dì, il bambino che cresce non va svegliato, mentre il bambino che non cresce va svegliato.

     

    Dott.ssa M. Ersilia Armeni
    Pediatra, neonatologo, Consulente Professionale in Allattamento Materno IBCLC

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