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Adozioni e… razzismo

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E’ polemica sui decreti di idoneità che limitano l’ingresso in famiglia solo a “bambini di razza bianca”

E’ di nuovo polemica sui decreti di idoneità all’adozione che limitano la possibilità dell’ingresso in famiglia solo a “bambini di razza bianca”. Sotto accusa, questa volta, il Tribunale dei minorenni di Firenze contro il quale l’Aibi, l’Associazione Amici dei Bambini, ha presentato una denuncia penale per razzismo. Nel mirino due decreti di idoneità all’ adozione destinati ad altrettante coppie aspiranti genitori di un bambino straniero: nel primo i coniugi sono stati autorizzati a accogliere un minore “di età da 3 a 5 anni, di origine europea e senza handicap”; nel secondo, “un bimbo di 0 a 3 anni di razza bianca e senza handicap”.

Tribunali accusati di razzismo
Per l’Aibi, che già nel dicembre scorso aveva segnalato alcuni decreti del Tribunale dei minorenni di Ancona, si tratta di affermazioni che ricordano il “Manifesto degli scienziati razzisti” del 1938, di “decreti razzisti che riportano l’Italia indietro nella storia”. “Simili magistrati – ha commentato il presidente dell’associazione, Marco Griffini – non hanno la preparazione culturale per interessarsi dei problemi dei minori stranieri e quindi anche dell’adozione internazionale. E’ meglio lasciare questi compiti a chi è più preparato di loro, a chi ha rispetto per la persona umana, non per i bambini africani, brasiliani o cinesi. Non daremo tregua – ha aggiunto Griffini – a chiunque in Italia si macchierà di un simile reato nei confronti dei bambini stranieri denunceremo i giudici, gli assistenti sociali e chiunque vorrà ostacolare il diritto di ciascun bambino ad avere una famiglia”.

La difesa dei giudici
Ma per Piero Tony, presidente del Tribunale per i minorenni di Firenze che ha fermato i due contestati decreti di adozione “il razzismo non c’entra nulla. Noi ci limitiamo a seguire le indicazioni dei genitori”. “La nuova legge sulle adozioni – ha spiegato il magistrato – impone che il tribunale non si limiti più a decidere solamente se una coppia è idonea oppure no. Richiede anche indicazioni su quale possa essere il ‘miglior incontro’ tra futuri genitori e bambino da adottare, oltre al numero stesso dei bambini che eventualmente possano avere in affidamento preadottivo. E questa è di per sé una buona cosa. Per farlo, oltre alle informazioni fornite dai servizi sociali, il tribunale – a concluso Tony – deve sentire direttamente la coppia e una delle domande tipiche è quale tipo di figlio desiderano: noi ci limitiamo a registrare le loro indicazioni”.

La replica dell’Aibi
Per Marco Griffino le affermazioni del Presidente del Tribunale per i minorenni di Firenze vanno però considerate gravissime: “Così il Tribunale si limita a diventare un concessionario di bambini. Basta chiedere il bambino di ‘razza’ ed il giudice ti accontenta”. La realtà delle cose, ha aggiunto Griffino, è però diversa: “Negli ultimi mesi ad Amici dei Bambini si sono rivolte più di 20 coppie che volevano chiedere al Tribunale la modifica del decreto e ci hanno specificato che non sono state loro a volere il bambino bianco. Siamo disponibili – ha concluso Griffini – ad accogliere la richiesta di aiuto di tutti questi aspiranti genitori adottivi. Li assisteremo nella loro personale battaglia”.

I dati di un fenomeno preoccupante
Siano i genitori a deciderlo o siano i giudici a stabilirlo, rimane il fatto che sull’adozione internazionale grava l’ombra se non di un razzismo strisciante quanto meno di una accomodante cedimento di fronte alle possibili difficoltà di inserimento sociale. I dati parlano chiaro nel 2000 sono stati adottati in Italia 3.115 bambini stranieri (pari al 64,5% del totale) contro i 1.716 minori italiani. Nel 75 per cento dei casi si tratta di bambini europei, nel 16 per cento di bimbi americani, nel 6 per cento asiatici e, solo nel 3 per cento di africani. I bambini europei sono biondi e con gli occhi azzurri: arrivano soprattutto dai paesi dell’ex Unione sovietica (44.3%) , come Ucraina e Federazione russa, dalla Romania (16,2%) o dalla Bulgaria (9.2%). Spesso non si tratta di bambini senza genitori, ma di “orfani sociali”, cioè di bambini di famiglie povere, che potrebbero essere aiutate per evitare che i figli finiscano negli orfanotrofi. “Si fa finta di non vedere – ha denunciato in passato l’Aibi – che in Ucraina ci sono 2.000 città in cui non esistono più minori al di sotto dei 6 anni, o che nel ’99 l’Italia ha adottato in quel Paese tanto quanto gli Usa”.”Se l’adozione internazionale è un mezzo di tutela, come riconoscono la convenzione dell’Onu e la legge italiana, allora deve essere uno strumento per dare una famiglia a un bambino, non un bambino ad una famiglia”.

In Rete:
Amici dei Bambini

 

Matteo De Matteis

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