Il rapporto annuale dell’Unicef registra il fallimento dei progetti per l’aumento della scolarizzazione
Bisogna fare davvero le pulci al rapporto annuale presentato dall’Unicef, sulla condizione dell’infanzia nel mondo, per trovare qualche effetto positivo degli sforzi compiuti nel campo dello sviluppo e in particolare per quanto concerne l’istruzione di bambine e adolescenti.
Era questa la priorità dell’Organizzazione per il nuovo millennio: assicurare alle bambine di tutto il mondo una istruzione di base che significa anche migliorare altri indicatori della qualità della vita.
Secono il rapporto Unicef per l’anno 2004, se nell’arco del prossimo biennio non ci saranno dei pronti interventi destinati ad aumentare il numero di bambine che hanno accesso alla scuola, gli obiettivi globali per la riduzione della povertà e il miglioramento della condizione umana saranno disattesi.
L’esclusione dalla scuola
E’ indubbio che abbattere le barriere che impediscono l’istruzione scolastica alle bambine sarebbe benefico oltre che per le loro stesse anche per i coetanei maschietti e per i loro Paesi.
Ma tra belle parole e ottimi programmi, i fatti stentano a decollare: “Gli sforzi realizzati per lo sviluppo internazionale sono stati in troppi Paesi palesemente inadegauti rispetto all’obiettivo di aumentare il numero di bambine nelle scuole” è l’amara dichiarazione di Calor Bellamy, direttore generale dell’Unicef. Certo bisogna chiedersi perché ciò sia avvenuto, chi o cosa sia responsabile di questo fallimento. Nel rapporto le conclusioni sono evidenti: “La discriminazione di genere ostacola gli sforzi per lo sviluppo” a partire dal fondamentale diritto all’istruzione.
Ogni anno, secondo l’Unicef, vi sono almeno 9 milioni di bambine in più, rispetto ai maschi, escluse dalla scuola; i tassi di analfabetismo sono ancora oggi più elevati tra le donne che non tra gli uomini con conseguenze a lungo termine non solo per le bambine future donne, ma anche per i loro figli e le loro famiglie. “Nella vita quotidiana essere istruiti o meno rappresenta una enorme discriminante”. E’ dimostrato che la maggioranza dei paesi con i più bassi tassi di iscrizione scolastica secondaria delle ragazze sono anche i Paesi con i tassi più alti di mortalità infantile, con oltre il 15% dei bambini che non raggiungono i cinque anni di vita.
Quest’ultimo rapporto sulla condizione dell’infanzia del mondo rivela che le bambine cui viene negata l’istruzione sono più vulnerabili alla povertà, alla fame, alla violenza, agli abusi, allo sfruttamento e al traffico di esseri umani; corrono rischi maggiori di morire durante il parto e di contrarre malattie.
Meno istruzione, meno diritti
All’inverso, l’istruzione delle ragazze produce in positivo un impatto altrettanto notevole. Consapevoli dei loro diritti, quelle bambine divenute madri avranno maggiori possibilità di crescere figli sani e garantire loro, siano maschi o femmine, il completamento degli studi.
Il problema è che quando la povertà incombe, a causa di una “persistente e subdola” discriminazione di genere diffusa in molte società, le prime ad essere sacrificate sono le bambine e le adolescenti: sono le ultime ad avere diritto di essere iscritte a scuola e le prime ad abbandonarla quando i tempi si fanno duri. Non si uscirà da questa condizione finché l’istruzione continuerà ad essere intesa come privilegio o conseguenza del progresso economico: è un diritto umano. Quando l’istruzione è considerata un diritto umano i Governi sono obbligati a stanziare le risorse necessarie perché “tutti” i bambini possano portare a termine una preparazione adeguata e di qualità e i genitori devono pretenderlo.
Il più urgente tra gli “Obiettivi di sviluppo del millennio”, si legge nel rapporto, è la parità di genere nell’istruzione entro il 2005. Secondo l’Unicef importanti progressi verso tale obiettivo sono ancora possibili se si incrementano gli impegni nazionali e il sostegno internazionale, soprattutto per le regioni del mondo che ne hanno più bisogno: l’Africa sub-sahariana – dove il numero delle bambine escluse ogni anno dalla scuola è aumentato da 20 milioni nel 1990 a 24 milioni nel 2002, l’Asia meridionale e il Sud est asiatico.
L’agenda degli interventi futuri
Il rapporto Unicef ha presentato anche una agenda di interventi che richiama le agenzie per lo sviluppo, i governi, le famiglie e le comunità ad intensificare l’impegno per eliminare gli ostacoli responsabili dell’esclusione delle bambine dalla scuola. In tal senso ha sottolineato l’esigenza di creare un’etica nazionale che riconosca il valore dell’istruzione tanto per le bambine quanto per i bambini, che si consideri l’istruzione delle bambine una componente essenziale dei piani di sviluppo, che si abolisca ogni forma di tassa scolastica, che si inserisca l’istruzione nelle strategie nazionali per la riduzione della povertà e che si aumentino i fondi internazionali per l’istruzione. Perché “Istruire egualmente bambine e bambini, affrontando le esigenze di tutti, non è un investimento facoltativo” e – conclude il direttore generale dell’Unicef – quando si tratta di garantire a ogni bambino un’istruzione di qualità non è necessaria una rivoluzione, ma semplicemente un’assunzione di responsabilità”.
In Rete:
Il sito dell’Unicef
Marina Zenobio