La febbre è un meccanismo attraverso il quale il corpo reagisce e si difende. Secondo gli esperti, un bambino piccolo a contatto con altre persone, soprattutto se frequenta i primi anni del nido o della materna, può ammalarsi anche sei o sette volte dall’autunno alla primavera. Gli episodi tendono a ridursi a mano a mano che passano gli anni, ma ancora durante gli anni della scuola primaria e delle medie si possono presentare con una certa frequenza.
La febbre è l’evidenza per indicarci che l’organismo sta cercando di difendersi dall’attacco di virus e batteri, i principali responsabili delle infezioni. I virus sono molto diffusi negli ambienti chiusi, come appunto asili nidi e scuole. Quando l’organismo di un bambino entra in contatto con uno di essi attraverso i colpi di tosse o gli starnuti, il sistema difensivo dell’organismo produce cellule-sentinella pronte a rilasciare particolari sostanze, le interleuchine. Queste agiscono sull’ipotalamo, una zona del cervello in cui risiede il centro regolatorio della temperatura del corpo, proprio come un termostato. Le interleuchine fanno alzare la temperatura del corpo di qualche grado oltre al livello normale, ovvero oltre i 37°C. L’innalzamento della temperatura è necessario per rendere l’ambiente interno ostile ai germi, ostacolando il loro moltiplicarsi. La persona con febbre avverte brividi, una sorta di ginnastica involontaria dei muscoli con il compito di produrre calore. Anche il senso di freddo che si avverte, con il rialzo della temperatura è il segnale della vasocostrizione, meccanismo fisiologico per trattenere il calore interno. La diminuzione del diametro dei vasi sanguigni, limita la dispersione del sangue periferico così da essere utilizzato nei grandi organi.
La febbre, insomma, è un fatto ben noto ai genitori. Eppure, quando compare, è facile lasciarsi prendere dal panico – soprattutto se il proprio bambino è piccolo – e non sapere esattamente come comportarsi. Per i bimbi più grandicelli, dall’anno in poi, febbre anche superiore a 39°C non è necessariamente indizio di un disturbo serio, soprattutto se dura pochi giorni, scende con l’assunzione dell’antipiretico e se, nonostante la sua presenza, il bambino è vivace e reattivo. D’altra parte, una febbre non elevatissima, ma accompagnata da malesseri generali come difficoltà respiratoria e mancanza di appetito, può essere il segno di una broncopolmonite, a seguito di complicanze di un’influenza o di una bronchite. Invece che focalizzarsi sulla singola febbre, dunque, è più opportuno osservare con attenzione lo stato generale del proprio bambino. Non è il caso di preoccuparsi se il piccolo presenta un colorito normale, respira bene, sorride e si dimostra sereno e reattivo agli stimoli.
Il pediatra va contattato – senza eccessiva urgenza – quando il bambino è pallido e si dimostra poco reattivo agli stimoli, rifiuta il gioco e non ride o addirittura sorride meno del solito. Inoltre, va controllata la sonnolenza: se il bambino si addormenta e poi si sveglia con difficoltà, solo dopo prolungate stimolazioni, significa che non sta bene. Altrettanto importanti sono i sintomi respiratori. I genitori o chi assiste il bambino devono escludere che, inspirando ed espirando, le cosiddette pinne nasali: i lati esterni delle narici, non si alzino e si abbassino, potrebbe essere una difficoltà respiratoria. Inoltre, gli atti respiratori devono essere inferiori al numero di cinquanta ogni minuto. Inoltre, è bene controllare che il bambino sia ben idratato, ovvero, nel suo organismo sia presenta una quantità sufficiente di liquidi. Il corpo umano infatti, per stare bene, deve contenere un’alta percentuale di acqua a garantire un sufficiente livello di idratazione alle cellule. In queste condizioni, il cuore, i polmoni e tutti gli organi vitali possono lavorare bene, mantenendo la salute e la vita stessa. Il discorso è ancora più valido per il delicato organismo di un bambino piccolo.
Lina Rossi