Cannabis e cancro ai polmoni. Legame più forte di quanto si pensi

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Cannabis e cancro ai polmoni. Legame più forte di quanto si pensi

effetti cannabis
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In particolare, il potenziale legame tra l’uso di cannabis e il cancro ai polmoni è al centro di un dibattito acceso nel mondo della medicina. Recenti studi stanno capovolgendo la percezione dominante, evidenziando come una crescente popolazione di giovani con alto consumo di cannabis stia sviluppando tumori polmonari aggressivi. Nel corso dell’annuale Congresso Internazionale di Addittologia ALBATROS, Pauline Pradère, pneumologa presso l’Ospedale Marie Lannelongue di Parigi, ha approfondito l’impatto della cannabis sulla salute polmonare. “La Francia detiene il triste primato di essere il maggiore consumatore di cannabis –  THC – in Europa”, ha dichiarato Pradère, sottolineando la necessità di un esame più approfondito delle conseguenze del suo consumo

L’inalazione di Cannabis e il Rischio di Cancro ai Polmoni

Il metodo di consumo più comune della cannabis in Francia è l’inalazione tramite joint di resina di cannabis, spesso mescolata con tabacco. Questa modalità di consumo introduce direttamente i composti della cannabis – THC –  nei polmoni, con potenziali effetti negativi sulla salute respiratoria che, purtroppo, rimangono poco studiati. Sebbene numerosi studi si siano concentrati sugli effetti neuropsicologici della cannabis, le ricerche sugli effetti polmonari, e in particolare sul rischio di cancro ai polmoni, sono ancora insufficienti. Pradère ha sottolineato uno studio pubblicato su Chest nel 2018 che, pur identificando lesioni precancerose nei fumatori di cannabis, non ha stabilito un forte nesso causale con il cancro ai polmoni.

Prove crescenti degli effetti nocivi

Nonostante i dati contrastanti, diverse evidenze suggeriscono un ruolo dannoso dell’inalazione cronica di cannabis sulla salute polmonare. In particolare, la cannabis contiene cancerogeni significativi, anche senza considerare l’associazione con il tabacco. Inoltre, il THC – o tetraidrocannabinolo, componente psicoattivo della cannabis, ha effetti broncodilatatori che potrebbero indurre un’inalazione più profonda di sostanze nocive rispetto al solo fumo di tabacco. Le difficoltà nello studio del legame tra uso cronico di cannabis e cancro ai polmoni comprendono anche la sotto denuncia del consumo di cannabis da parte dei pazienti, spesso per la mancanza di domande dirette da parte dei medici. Pradère, attraverso le sue ricerche in centri specializzati nella chirurgia del cancro ai polmoni, ha osservato come una percentuale significativa di pazienti giovani fossero consumatori cronici di cannabis.

Studi su pazienti giovani

Un campione di 75 pazienti sotto i 50 anni sottoposti a chirurgia per cancro ai polmoni ha rivelato che il 43% erano consumatori cronici di cannabis, con una media di 150 joint al mese. Sorprendentemente, per il 61% di questi pazienti, nessun professionista sanitario aveva mai chiesto del loro consumo di cannabis. I risultati hanno mostrato che i consumatori di cannabis presentavano più frequentemente carcinomi prognosticamene sfavorevoli e un maggiore danno polmonare, plausibilmente a causa dell’accumulo di tossine inalate nei lobi superiori.

Pradère sta ora conducendo uno studio prospettico multicentrico su 150 pazienti sotto i 60 anni con diagnosi di cancro primario ai polmoni, sostenuto dall’Istituto Nazionale Francese del Cancro. Questo studio include analisi tossicologiche dei capelli e questionari anonimi per valutare le modalità di consumo e le differenze tra il cancro dei fumatori di cannabis e di tabacco.

Dati preliminari della ricerca suggeriscono un’alta incidenza

Mentre i risultati completi sono ancora in revisione, i dati preliminari suggeriscono un’alta prevalenza di consumo di cannabis tra i giovani pazienti con cancro polmonare altamente letale. Il 38% dei partecipanti era fumatore di cannabis, con un consumo medio di quattro joint al giorno per un periodo mediano di 26 anni. Queste scoperte incoraggiano una riflessione critica sulla percezione della cannabis come una sostanza relativamente innocua, richiedendo interventi sanitari più efficaci.

Dott.ssa Rosalba Trabalzini

Responsabile scientifico Guidagenitori.it

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