Quando si sente parlare di ristoranti, hotel e altre strutture turistiche che non accettano bambini, subito si grida allo scandalo, alla discriminazione, ci si lascia andare ad affermazioni fin troppo banali del tipo – si accettano i cani e non i bambini. È dura da mandare giù, nel paese dei mammoni per eccellenza, che in alcuni luoghi non siano ben accetti i nostri adorati bambini. Pensiamo bene, però: se questi divieti esistono, significa che, evidentemente, i bambini o, più precisamente, i loro genitori nel tempo si sono comportati in modo da non essere più bene accetti in certi locali. Le persone che si recano in alberghi e ristoranti lo fanno per riposarsi, per godersi qualche ora di tranquilla a chiacchiere tra amici.
Come si comportano, invece, molti, tanti bambini? Corrono tra i tavoli, ridendo e urlando, mettendo a rischio non solo la propria incolumità, perché possono sempre cadere, ma anche quella del personale impegnato a raccogliere le ordinazioni e a servire. Inoltre, possono disturbare, semplicemente, chi desidera gustare un piatto gourmet in tranquillità. I genitori cosa fanno in questi casi? Lasciano correre, sempre pronti a giustificarli, dicendo: sono solo bambini, che male c’è. Quindi anche gli altri ospiti sono obbligati a tollerare schiamazzi fortemente disturbanti. Lo stesso può avvenire nei musei, nelle chiese, negli alberghi, dove spesso adulti e bambini si dimenticano di essere in un luogo pubblico, di appartenenza di tutti e che quindi richiede un comportamento adeguato al contesto. Inoltre, pensiamo che un luogo che non gradisce i bambini potrebbe voler dire anche il contrario, ossia che è un locale non adatto ai bambini per quello che propone, in fatto di cibo o servizio. Un ristorante troppo raffinato, per esempio, può non avere nulla che piaccia ai bambini. Un albergo sobrio e serio può non disporre di aree gioco. Quindi, nella scelta di una destinazione, è bene accertarsi che sia a misura di bambino: anche delle loro esigenze di movimento e di gioco.
Scegliere una sistemazione family-friendly è quindi una buona partenza. D’altra parte è vero che i bimbi devono apprendere fin da piccoli le regole del comportamento corretto in pubblico, nei locali, su mezzi di trasporto e nei musei. Nessuno pretende che siano muti e immobili: sarebbe innaturale per un bambino. Ma nessuno è costretto a sopportare bambini urlanti che i genitori non sanno o non vogliono educare. Perché i primi responsabili della maleducazione sono i genitori, semplicemente con l’esempio. Se mamma e papà buttano le cartacce in terra, se parlano ad alta voce in un museo, sghignazzano senza ritegno al ristorante o in albergo o tengono la Tv a tutto volume, per i bambini sarà naturale comportarsi allo stesso modo. E viceversa. I bambini invece devono capire fin dai primi anni che alcuni luoghi sono dedicati al gioco e al divertimento, come il parco, la palestra, una festa, la propria casa ovviamente. Quando invece condividono un luogo con altri, sono tenuti al rispetto, a non urlare e a non correre. Mamma e papà devono anche proporre situazioni sopportabili per un bambino. Se, per esempio, un piccolo è stato trascinato tutto il pomeriggio a fare shopping per la mamma o in un museo che non gli interessa, difficilmente staranno buoni a cena. È giusto quindi permettere che si sfoghino in un luogo adatto, pretendendo poi che al ristorante si comportino bene. Oppure, al contrario, si può scegliere un locale a misura di bambino, con uno spazio gioco dove divertirsi: in tutta libertà, ma sempre rispettando le esigenze degli altri. Il proprio spazio vitale finisce dove inizia lo spazio degli altri, Kurt Lewin, lo psicologo dello spazio vitale.
Lina Rossi