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La febbre in un neonato spaventa qualsiasi genitore, vediamo insieme

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La febbre è soltanto una conseguenze dell’attività anticorpale in risposta ad un batterio o ad un virus, non può quindi essere considerata una malattia. L’aumento della temperatura è infatti causato da sostanze che si liberano durante la produzione delle difese naturali. La temperatura alta non piace ai batteri ne ai virus, è un modo quindi per rendere l’ambiente a loro non favorevole.

I segnali ai quali prestare attenzione
Il pediatra dovrebbe essere contattato, senza fretta, se il bambino è pallido e poco reattivo agli stimoli. Inoltre, se il piccolo si addormenta e poi si sveglia con difficoltà, solo dopo prolungate stimolazioni, significa che non sta bene. Vanno osservati allora i segnali respiratori. I genitori o chi assiste il bambino dovrebbero escludere che, inspirando ed espirando, le cosiddette “pinne nasali” i lati esterni delle narici, non si alzino e si abbassino: questo è il segnale di una difficoltà di respirazione. Inoltre, gli atti respiratori devono essere inferiori al numero di cinquanta ogni minuto. Deve essere controllata la buona idratazione del piccolo, questo è possibile ispezionando il pannolino del bimbo piccolissimo, la scarsa emissione di urina è un possibile segnale di inizio di disidratazione, questa va accertata anche controllando le mucose di occhi e bocca. Un altro elemento fondamentale di controllo delle condizioni di idratazione del piccolo è il peso corporeo. I genitori devono sapere qual è il peso del bambino per poter fare un confronto utile, pesandolo non appena inizia a manifestare i sintomi di una forma gastroenterica, con vomito e dissenteria. Se si nota un calo di peso pari circa al dieci per cento, per esempio, mezzo chilo in un bimbo che pesa cinque chili, è possibile sia presente una forma di disidratazione. Al bambino vanno quindi somministrati liquidi: acqua e attaccarlo al seno più spesso, il pediatra saprà indicare ulteriori opportunità per reidratare il piccolo.

Quando andare al pronto soccorso
Ci sono, infine, i casi in cui non si deve perdere tempo e portare subito il bambino al pronto soccorso pediatrico. Se il bambino è molto piccolo, sotto i tre mesi di vita e la febbre è superiore ai 38 gradi rettali ed è persistente, è bene non perdere tempo e recarsi al pronto soccorso per una visita completa finalizzata ad escludere forme respiratorie come broncopolmoniti. Altri segnali importanti da prendere in considerazione prima della decisione in merito al pronto soccorso sono: il colorito, se è pallido a macchie rosse, o addirittura cianotico, è segno che il bambino Ha difficoltà respiratorie ed è quindi necessario intervenire. Non sono segnali positivi il torpore, la sonnolenza dalla quale non si riesce a svegliare il piccolo, la mancanza di reattività e il pianto flebile e continuo. Nel bambino piccolo va osservato lo stato della fontanella: se la pelle è “tesa” non è un buon segno, così come il tono muscolare scarso. Nei bambini superiori ai tre mesi una febbre più o meno alta non è sufficiente da solo a far capire se la malattia è lieve o grave. Far uscire il bambino non comporta alcun rischio per la sua salute, le condizioni atmosferiche non influenzano minimamente l’andamento della febbre.

Come affrontare la febbre a casa
Gli antipiretici vanno evitati se la temperatura presenta valori intorno ai 38 gradi rettali. Si può invece cercare di creare le condizioni migliori per il comfort del piccolo e quindi per favorire la naturale evoluzione della febbre. Prima di tutto, è importante non coprire eccessivamente il bimbo: con un pigiamino in cotone felpato o con una comoda tuta, al quale aggiungere eventualmente un golfino leggero e un paio di calzine. Se il bimbo dovesse avere i brividi è perché la febbre sta salendo, in questo caso possiamo distenderlo nel lettino con una copertina leggera ed, eventualmente, una borsa di acqua tiepida ai piedi, da eliminare non appena i brividi sono passati. Per favorire il benessere del bambino è anche importante assecondare i sui desideri in fatto di alimentazione. I neonati allattati al seno possono continuare a prendere il latte dalla mamma: la suzione e il calore materno è per loro fonte di conforto e di idratazione aiutandolo così a riprendersi prima. Per i piccoli nutriti con il biberon, è bene evitare di prendere iniziative circa la quantità dei pasti o la diluizione del latte: meglio fare una veloce telefonata al pediatra, chiedendogli indicazioni in proposito. Quando un bambino ha la febbre ha meno appetito del solito. Si tratta di una reazione normale, dovuta al fatto che l’organismo ha bisogno di risparmiare energie, altrimenti spese nel processo digestivo, da dedicare tutte alla lotta contro l’infezione. È invece importante idratare il più possibile il bimbo: se ha già qualche mese, oltre all’acqua semplice a temperatura ambiente, gli si può proporre latte tiepido.

Antipiretici, quando e come
Gli antipiretici più adatti ai piccoli sono quelli a base di paracetamolo, abbassano il livello di temperatura stabilito dall’ipotalamo e mettono in atto un meccanismo biochimico favorente la dispersione del calore. L’ibuprofene, altro antipiretico, oltre ad abbassare la temperatura esercita anche un effetto antinfiammatorio, alleviando anche situazioni dolorose come il mal di testa, il mal di gola o il raffreddore. È comunque sempre opportuno chiedere consiglio al pediatra prima di scegliere l’antipiretico da somministrare: troppo spesso ci si dimentica che i farmaci non sono inerti e quindi vanno somministrati solo in caso di reale necessità. D’altra parte, perché siano efficaci, vanno somministrati nella giusta quantità peso/dose. Una quantità inferiore a quella adatta a un bambino fa sì che la febbre non si abbassi e che quindi i genitori gliene somministrino poco dopo una seconda dose, sempre insufficiente, con il risultato che il piccolo ne assume troppo, senza averne alcun beneficio.

Sahalima Giovannini

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