Le donne con diabete gravidico potrebbero trasmettere la malattia al bambino. Dieta e attività fisica aiutano a ridurre notevolmente il
rischio della patologia una volta adulti.
Le future mamme con diabete gravidico corrono un maggior rischio di avere figli che presentino, una
volta adulti, le problematiche legate al diabete ed al controllo del peso, rispetto alle gestanti che non soffrono di eccesso di insulina nel sangue. Lo
rivela uno studio dell’Istituto Garvan di ricerca medica di Sydney, in Australia, secondo cui i neonati da madri con diabete conclamato, hanno un
metabolismo più basso: in altre parole, “bruciano” meno le calorie introdotte con il cibo e ingrassano spontaneamente anche i presenza di una dieta
ipocalorica. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Diabetologia.
Sono modificati i neuropeptidi
I ricercatori hanno
studiato gli effetti del diabete gravidico controllando le reazioni dei topi da laboratorio. Hanno così notato che, quando le cavie sviluppavano il
diabete durante la gravidanza, veniva avviata una sorta di riprogrammazione nel feto, dando l’avvio ai problemi di peso. Nello specifico, hanno
osservato dei mutamenti nell’espressione di certi neuropeptidi nel cervello, che controllano l’equilibrio energetico ed il peso corporeo nelle prole.
La dottoressa Jenny Gunton, autrice della ricerca, ha notato che, a mano a mano che i nuovi nati guadagnavano peso, nel loro organismo diminuiva la
capacità di secernere e di utilizzare l’insulina. Questo è un segnale di diabete ai primi stadi. Esiste quindi un legame diretto tra i livelli di
zucchero nel sangue della madre durante la gravidanza e le caratteristiche metaboliche della prole in età adulta. I problemi per i bambini nati da
gestanti con diabete compaiono già durante la gravidanza ed il parto. Infatti, le donne con diabete conclamato hanno una maggiore probabilità di dover
ricorrere ad un parto cesareo per via delle maggiori dimensioni del feto. Inoltre le future mamme corrono un rischio maggiore di manifestare gestosi e
pre-eclampsia, che si manifestano con aumento di pressione, malessere e rischio di distacco della placenta.
Un disturbo piuttosto
frequente
Il diabete gravidico compare normalmente alla fine del secondo trimestre e può manifestarsi in tre mamme su cento. Una delle
principali cause scatenanti la patologia è la produzione di un ormone Lattogeno Placentare (hPL), da parte della placenta. Questo ormone interferisce
con l’azione dell’insulina, la sostanza prodotta dal pancreas con la funzione di utilizzare gli zuccheri trasformandoli in energia. Se l’insulina è
scarsa, gli zuccheri restano in circolo nel sangue, raggiungono i vari organi e creano danni. Ne può restare colpita la funzionalità dei reni, il cui
compito è purificare il sangue dalle sostanze tossiche. In alcuni casi definiti a rischio, per esempio nelle donne in forte sovrappeso, che seguono
un’alimentazione non adeguata o che hanno precedenti di diabete in famiglia, il disturbo può comparire precocemente o manifestarsi con maggiore
frequenza. Tenerlo sotto controllo è opportuno, oltre che possibile, per evitare tutte le conseguenze della malattia.
Si scopre con i
controlli
Le visite ginecologiche di routine hanno la funzione di tenere sotto controllo le future mamme, poiché sono molte le patologie che
non danno segni evidenti della loro presenza e tra questi è il diabete gravidico. Una possibile predisposizione si evidenzia infatti attraverso
l’anamnesi, che individua i casi a rischio per famigliarità del diabete, sovrappeso e abitudini alimentari scorrette. Tutte le donne in attesa devono
inoltre sottoporsi regolarmente agli esami del sangue e delle urine. Se da queste risulta un rialzo del livello di zuccheri nel sangue o nelle urine
(definita glicosuria), si deve supporre la presenza di un diabete gestazionale. È necessario iniziare un percorso di controlli ulteriori e costanti:
minicurva glicemica da carico e curva glicemica completa. Se il livello di zuccheri nel sangue è eccessivo, è necessario intervenire.
Dieta sana e insulina se serve
Tenere sotto controllo il diabete è importante, soprattutto per evitare possibili disturbi al bambino dopo la
nascita, se le affermazioni degli esperti australiani si dimostrano fondate. Ne vale la pena e il sistema è, tutto sommato, relativamente semplice se si
pensa alla serietà della malattia. È opportuno evitare il consumo degli zuccheri semplici, come il normale zucchero da dolci, i biscotti, le torte, la
marmellata. Sono questi zuccheri il principale “responsabile” del diabete perché provocano un improvviso innalzamento della quantità di glucosio nel
sangue. Si possono invece consumare pane, pasta e riso, meglio ancora se nella versione integrale e sempre in porzioni limitate. Questi cibi forniscono
zuccheri complessi, carboidrati a lento rilascio che non causano l’immediato innalzamento dei valori di glucosio e che sono comunque indispensabili per
fornire energia all’organismo. Non devono mancare nella dieta le proteine della carne, del pesce, delle uova, dei formaggi e le fibre e le vitamine
contenute nella frutta e verdura. Sono concessi, anche se in dosi limitate, i grassi come olio e burro. Le terapie mediche sono necessarie quando, a un
successivo controllo, risulti un insufficiente controllo del diabete attraverso la dieta. In questo caso, la futura mamma deve sottoporsi a una serie di
iniezioni periodiche di insulina. Questa sostanza non è dannosa per il feto, infatti non è in grado di superare la barriera placentare. In compenso fa
bene alla mamma e, sul lungo periodo, anche sul bambino. La gestante può quindi sottoporvisi in tutta sicurezza. La cura va ovviamente concordata dal
ginecologo e dal diabetologo.
Giorgia Andretti