La nascita di un bambino è un evento tanto lieto quanto inaspettato: infatti la data del parto è solo presunta, basandosi sul calcolo a partire dall’ultima mestruazione. A meno che la nascita non sia programmata attraverso un cesareo, il piccolo può nascere prima o dopo i giorni previsti. In situazioni normali non è un problema: è sufficiente saper cogliere i segnali e recarsi in ospedale dopo aver avvertito il ginecologo. Se però il bimbo decide di venire al mondo proprio la sera del 31 dicembre, entrano in gioco altre variabili: il fatto di essere lontani da casa, magari in vacanza in un piccolo paese, oppure dover affrontare il traffico della città nel pieno dei festeggiamenti. Ecco i nostri consigli su come comportarsi.
Un suggerimento sempre valido è di restare nella vicinanza della propria abitazione e dell’ospedale di riferimento, nelle ultime settimane di gravidanza. Soprattutto quest’anno, con l’emergenza Covid ancora in pieno e la variante Omicron che si diffonde sempre più. Infatti, se ci si trova in un piccolo paese per le vacanze invernali e il bimbo decide di venire al mondo, ma si è ancora in anticipo sulla data prevista, il piccolo ospedale di zona potrebbe non essere in grado di gestire un parto pretermine. Questo si verifica quando un bambino viene al mondo prima della 37ma settimana: a 35, 32 o addirittura 25 settimane di gestazione. Quanto più il piccolo è prematuro, tanto maggiori sono i rischi che corre per la sua salute. L’età avanzata della mamma, oltre i 40 anni o al contrario un’età troppo precoce, sotto i diciotto anni, costituisce un fattore di rischio. Si possono presentare problemi alla placenta, l’organo attraverso la quale il feto attinge dal sangue materno gli elementi necessaria alla sua vitalità e l’ossigeno di cui ha bisogno e in cui riversa i prodotti di rifiuto. In questo caso, è essenziale essere vicino al proprio ospedale di riferimento, con il ginecologo e le ostetriche che conoscono la futura mamma e hanno i dati medici della gestazione.
Per gestire con appropriatezza questi eventi non prevedibili, è necessario rivolgersi a strutture di maternità che assistano ogni anno almeno 1.000 parti all’anno. Questi centri garantiscono la possibilità di gestire le emergenze, disponendo di un reparto di terapia intensiva per la gestante e di terapia intensiva per il neonato, e di somministrare sostanze per favorire la coagulazione del sangue. La possibilità di affrontare un fatto acuto nel modo adeguato permette di ridurre i rischi del 50%. È bene ricordare che la gravidanza e il parto non sono periodi esenti da rischio né per la mamma, né per il bambino. Di questo ogni famiglia deve essere consapevole e arrivare al momento del parto con la documentazione sanitaria pronta, i referti delle ecografie e le analisi del sangue. Deve essere pronta anche la valigia per l’ospedale con il cambio per la mamma e per il bebè. Nel caso in cui si sia positive al Covid è essenziale indossare la mascherina, avere le mani ben lavate e disinfettate e si deve avvisare il personale immediatamente al momento dell’accoglienza, in modo che la partoriente possa essere adeguatamente gestita. Anche per questa ragione il consiglio è restare in prossimità dell’ospedale di riferimento.
In genere il momento di andare in ospedale è quando si rompono le acque oppure quando le contrazioni sono ravvicinate all’incirca una ogni quindici minuti, della durata di un minuto l’una. Ci si deve recare al Pronto Soccorso dell’ospedale o della clinica, dove viene effettuata l’accettazione. Alla futura mamma vengono richiesti i dati personali: nome, cognome, indirizzo e informazioni sulla gravidanza, come l’età gestazionale e lo stato di salute in generale. Dopo aver espletato queste formalità necessarie, la donna può dover attendere qualche minuto in sala di attesa, oppure in una sala isolata nel caso in cui sia positiva, quindi viene sottoposta a visita ostetrica e a monitoraggio del feto. Il ginecologo di turno controlla che il bambino stia bene, che si muova e che sia posizionato a testa in giù. Inoltre con una visita manuale valuta la dilatazione del collo dell’utero e si informa sulla frequenza delle contrazioni. A questo punto, se il medico ritiene che le contrazioni sono valide e che non manchi molto al parto, la donna viene condotta in sala travaglio. Se, invece, si prevede che il travaglio non sia ancora ben avviato, il medico fa ricoverare la futura mamma in una stanza del reparto. Si recherà in sala travaglio in seguito, a contrazioni più ravvicinate e dopo il parere del medico.
Rossi Lina
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