Sono i bambini del mondo, piccoli consumatori al quale il mercato guarda con sempre maggiore interesse
Televisivi ed omologati. Sono i bambini di oggi, i bambini italiani e di tutti gli altri Paesi nei quali il televisore è un comune elettrodomestico. Che siano cinesi, inglesi, statunitensi o italiani non ci sono frontiere, tutti vivono lo stesso rischio dell’omologazione e rappresentano un mercato “estremamente goloso”. Il dato emerge da un’indagine su media e minori nel mondo presentata dal Censis nelle scorse settimane.
I cartoni animati giapponesi
Un esempio dell’omologazione? I cartoni animati giapponesi vincono ovunque, perfino in Usa perché i costi produttivi sono bassissimi (il rapporto è di 1/5 rispetto alla produzione americana). Ecco altri dati significativi: sono 87 i canali nel mondo dedicati ai bambini (50 sono nati negli ultimi 3 anni); si stima che la diffusione della tv ha raggiunto il 70% delle famiglie. Forte ed in crescita l’investimento pubblicitario nel settore: solo in Usa il marketing rivolto ai bambini ammonta a 12 miliardi di dollari e si stima che i bambini americani influiscano sugli acquisti per oltre 500 miliardi di dollari l’anno.
Il bambino come consumatore
Giuseppe De Rita, segretario generale del Censis, ha parlato di un’offerta in questo settore “così forte che crea il minore indistinto e seriale”. “Mi riferisco – ha precisato – ai termini utilizzati nella perizia psichiatrica di Novi Ligure. Non per dire che i minori sono tutti killer o patologici ma per indicare la mancanza al gusto della diversità, non c’è rinnovamento nei bambini e negli adolescenti”. Per il Censis il rischio di omologazione è “reale”, basti pensare che sono operativi quattro grandi canali nel mondo che si rivolgono al pubblico infantile e adolescenziale.
Le ore passate davanti alla Tv
Rispetto ai Paesi europei, l’istituto di ricerca sottolinea che il tempo complessivo dedicato dai minori ai media ammonta a 4 ore e 15 minuti al giorno. Il 25 per cento arriva a 5 ore e 15 minuti. Malgrado poi i tanti strumenti tecnologici, la tv è il “grande attrattore” per tutti i bambini europei, “il comune denominatore che accomuna tutti gli stili di fruizione”. Esistono anche delle linee di demarcazione nel mondo. Ad esempio, i media nei Paesi in via di sviluppo sono mezzi di “socializzazione”, nei paesi industrializzati invece “isolano”.
Cresce l’offerta, disunisce la qualità
Il Censis sottolinea, inoltre, che l’offerta della tv per i minori “cresce a ritmi vertiginosi”. Ma questo non a vantaggio della qualità che per quanto riguarda l’Europa è “in peggioramento generale” e risente di un aumento dell’ importazione. In particolare, i paesi dell’Est sono interessati da importazioni massicce con prodotti sempre più scadenti a tasso di violenza altissimo; la quasi totalità di programmazione per bambini in India e in Cina risulta d’ importazione; in America Latina i programmi in chiaro sono sempre più mediocri; il Giappone persegue una massiccia politica d’esportazione di programmi scadenti mentre i prodotti nazionali cominciano ad adottare strategie di sostegno alla qualità; un caso felice è rappresentato dall’Australia che sta perseguendo in questo senso un’intelligente politica di sostegno alla qualità, anche attraverso le quote.
Gli effetti negativi sul fronte psicologico
Questo panorama, per il Censis, è fonte di “preoccupazione”. Gli effetti negativi dal punto di vista psicologico e culturale nei minori sono concreti. Non si tratta di effetti diretti, ma “a cascata” e nel lungo termine che possono produrre isolamento, difficoltà di relazione, paure, sindromi di diffidenza nel mondo, povertà linguistica, coazione al consumo, insorgenza di pregiudizi e stereotipi. Un allarme ripreso e rilanciato dai medici e psicologi. “Noi medici vediamo ogni giorno le conseguenze delle tante ore passate dai bambini davanti alla televisione – ha sottolineato Federico Bianchi di Castelbianco, psicologo e direttore dell’ Istituto di ortofonologia di Roma, commentando la ricerca – E sono conseguenze gravi – ha aggiunto – perché abbiamo davanti bambini che, dopo l’overdose di tv, denunciano problemi comportamentali, dovuti ad un senso di solitudine. La tv infatti distrae ed informa ma non fa compagnia ai bambini, li spinge, anzi, verso mode ed atteggiamenti che non sono il frutto dell’esperienza dei bambini con i coetanei e della loro evoluzione”. “Tanto tempo davanti la televisione – ha concluso Bianchi di Castelbianco – non solo crea tutti i problemi legati alla solitudine ma agisce anche sui comportamenti, soprattutto quando un bambino vede telegiornali senza avere un adulto vicino, film con scene di violenza e programmi con un’ambigua sessualità”.
In Rete:
Il Censis
Matteo De Matteis