Carnevale, le origini affondano nell’antica Grecia

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Carnevale, le origini affondano nell’antica Grecia

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Damine, cavalieri, pulcinella e arlecchini, ma anche supereroi, fate e principesse. Ai bambini piace travestirsi, ma chi sa esattamente dove nasce la tradizione dell’impersonare le varie maschere. Sappiamo essere una tradizione antichissima, completamente mediterranea anche se poi si è diffusa un po’ ovunque. Sono soprattutto i popoli di origine latina ad avere mantenuto questa tradizione, legata a feste pagane intrecciate di Cristianesimo.

Nell’antica Grecia e a Roma

Le maschere esistevano già all’epoca dell’antica Grecia, patria del teatro sia tragico sia comico. Gli attori, solitamente uomini, ed è stato così fino in epoche recenti, indossavano maschere allegre, tristi, deformi per interpretare particolari personaggi, che erano quindi strettamente legati a un carattere e a una tipologia. La tradizione è stata poi ripresa nell’antica Roma, con alcuni autori di commedie come Plauto e Terenzio, mettevano in scena alcuni personaggi caratteristici: il servo furbo, il vecchio avaro, la fanciulla virtuosa, il soldato sciocco. Anche durante alcune feste popolari come i Saturnali, dedicati al dio Saturno, i partecipanti alle sfilate cittadine indossavano maschere, lasciandosi andare a scherzi, bevute e ogni genere di sfrenatezza. Quando poi, nei secoli successivi, si diffuse anche a Roma il Cristianesimo, queste tradizioni venivano interrotte alcuni giorni prima della Pasqua, per il tempo che secondo il Vangelo, Gesù rimase nel deserto senza acqua e cibo, per quaranta giorni. Era il tempo della quaresima, il tempo doveva rappresentare la purificazione attraverso il digiuno. Per questo il Carnevale era vissuto con sfrenatezza perché a questa avrebbero fatto seguito i giorni della privazione. Proprio da questo deriva il nome della festa che, secondo alcuni significa – vale la carne – ossia spazio ai piaceri, mentre secondo altre versioni significa – addio alla carne – da vale che in latino significa addio.

Le tipiche maschere italiane

Le maschere vere e proprie con i nomi di Arlecchino, Pulcinella, Colombina sono nate all’epoca della Commedia dell’arte, nel Seicento. È una tradizione che si rifà al teatro classico riprendendo in parte in contenuti e aggiungendovi spunti regionali. Arlecchino, il servo astuto, è la maschera della città di Bergamo. Il suo vestito colorato dimostra l’ingegno lombardo nella sopravvivenza, perché era così povero che la madre gli cucì un vestito di scampoli di stoffa colorata. Il malinconico Pulcinella, nato a Napoli, è una figura in realtà nota fin dall’epoca romana. Ci sono poi la vezzosa Colombina, originaria di Venezia, il milanese Meneghino, l’avaro Pantalone, il romano Rugantino e altri ancora. Inizialmente erano anche gli adulti a utilizzare i travestimenti, soprattutto dando vita a Carnevali sfrenati e storici come quello di Venezia. Nei balli, indossare una maschera che copriva gli occhi era anche un modo per celare la propria identità e vivere avventure amorose. In seguito soprattutto nelle piccole feste di quartiere le maschere furono riservate ai bambini, ma a Colombina e Rosaura per le bimbe si aggiunsero altre damine, fate e principesse, mentre i piccoli ai travestimenti da Arlecchino o Pulcinella iniziarono a preferire quelli da supereroe: Zorro, cowboy, Spiderman, Sailor Moon e tanti altri ancora. La tradizione che resta è quella della maschera sul viso, così come quella degli scherzi, accompagnati dal detto – A Carnevale ogni scherzo vale.

Giorgia Andretti

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