Lavori che ci mostrino dati reali su quanti ragazzi soffrano di anoressia sono datati e alcuni non sono concordi, un dato pubblicato nel marzo 2016 così afferma – In Italia sono circa 3 milioni i giovani che soffrono di disturbi del comportamento alimentare di cui il 95,9% sono donne e il 4,1% uomini. Per il Ministero della Salute sono 102 il numero di nuovi casi in un anno per anoressia nervosa su 100.000 abitanti mentre 438 sono quelli per bulimia nervosa. Per la letteratura internazionale i casi di anoressia nervosa sono compresi tra 1,4 e 2,8%. Di fatto un dato reale non è possibile averlo anche perché non tutti gli adolescenti ricevo una diagnosi certa. I numeri citati possono essere ampiamente sottostimati. Con questo articolo vogliamo quindi essere di aiuto a tutti quei genitori che hanno una figlia o figlio anoressico senza averne la consapevolezza.
I disordini alimentari comprendono varie specie, le più conosciute sono l’anoressia e la bulimia nervosa. In questo contesto ci interessa parlare dell’anoressia nervosa o mentale. Si definisce anoressica una persona quando il suo peso scende al di sotto dell’85% in assenza di problemi organici dovuti a malattie varie, ovvero, quando il dimagrimento è da attribuirsi alla riduzione di cibo. In genere la personalità anoressica concentra tutta la sua attenzione sulla qualità e quantità del cibo con un occhio molto attento alla bilancia. Alcuni atteggiamenti possono segnare l’inizio della patologia:
A questi segni iniziali, con il dimagrimento superiore all’85% compaio segni organici:
L’anoressia si può presentare in due diversi modi: riduzione del cibo ingerito e grandi mangiate di cibo seguito da vomito procurato in vari modi – meccanico, da bibite gassate e diuretici.
Il disturbo è multifattoriale, ovvero può avere inizio per problemi psichici, sociologici e stressanti per diventare un problema medico ormonale e psichiatrico. Tra le ragioni che portano allo sviluppo di comportamenti anomali: uniformarsi alle richieste sociali apparendo con un fisico perfetto anche se il reale stimolo iniziale rintraccia il riappropriarsi del proprio corpo. Sono queste le ragazze a cui è stato negato di non aver voglia di mangiare qualche volta o di non voler fare nulla. In genere si ritrova sempre una mamma molto attenta ai bisogni corporali della figlia con ripetizioni costanti frasi del tipo -devi mangiare perché de vi nutrirti, oppure, devi coprirti perché avrai freddo, anziché privilegiare i bisogni emotivi. In questo modo alla bambina viene offerto il riconoscimento delle sensazioni già impacchettato e non ha l’opportunità di imparare a riconoscere il suo personale stato di bisogno. In questo modo si acquisisce che bisogna essere come gli altri si aspettino che sia. A lasciar spazio a questo tipo particolare di madre è l’assenza o la presenza evanescente del padre a cui la figlia cerca inutilmente di ricorrere. La delusione per il mancato riconoscimento da parte del padre, viene vissuta dalla ragazza come la sua incapacità di farsi amare. L’essere la figlia modello che tutti i genitori vorrebbero avere, essere la prima della classe, essere attiva dando sempre il meglio di se nello sport e in altre discipline non è sufficiente a compensare il bisogno di essere riconosciuta come persona. Le ragazze anoressiche sanno essere tutto ciò. Il bisogno di autonomia viene espresso allora attraverso il proprio corpo. Con l’adolescenza la ragazza acquista il potere sul suo corpo potendone fare ciò che desidera, in fondo il senso della fame non essendo mai stato sperimentato come bisogno, non è riconosciuto, ecco può ora evitare di mangiare.
La prevenzione deve essere assolutamente privilegiata, i genitori devono essere aiutati a interpretare i primi sintomi. E’ necessario osservare sempre con attenzione i propri figli e ad ogni piccolo segno che possa avvicinarsi a quelli sopra elencati, chiedere aiuto, questo significa diventare consapevoli di quello che sta capitando ai nostri figli. Mettersi in discussione significa ammettere di essere in difficoltà e voler capire cosa sta accadendo alla famiglia senza nascondersi dietro l’apparente famiglia felice. La conoscenza dei meccanismi psichici può aiutare ad essere una madre ed un padre attenti ai bisogni emozionali dei propri figli, lasciando loro la possibilità di imparare a riconoscere le proprie sensazioni interne. Quanto prima si interviene sul problema tanto più il problema può essere risolto, se non in maniera definitiva, almeno da evitare alla sintomatologia medio-grave di fare la sua comparsa. Parlarne con il pediatra per essere guidati verso un percorso psicoterapeutico è sicuramente di aiuto, il sostegno psichico più accreditato e valido è quello di tipo cognitivo-comportamentale. La scelta dovrebbe ricadere su professionisti che abbiano competenze psico-medico-psichiatriche.
Rosalba Trabalzini