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La sindrome nefrosica

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Importante la cooperazione della famiglia nella cura della malattia per avere un’evoluzione clinica positiva

La sindrome nefrosica è tra le patologie renali più comuni dell’infanzia. E’ causata da una lesione glomerulare di caratteristiche e gravità variabile. La sindrome si caratterizza per una aumentata perdita di proteine attraverso l’emuntorio renale, a causa di ciò i bambini possono aumentare di peso e presentarsi edematosi. Le ricerche di laboratorio evidenziano una ridotta concentrazione sierica di albumina che si accompagna ad alti livelli di colesterolo. A volte la perdita di proteine è molto elevata e può determinare anche una riduzione dei livelli sierici di alcune proteine plasmatiche di alto peso molecolare come le immunoglobuline (aumenta la suscettibilità ai fenomeni infettivi) e le proteine leganti gli ormoni tiroidei. Nel bambino la forma più comune è la sindrome nefrosica a lesioni minime che nella maggior parte dei casi ha un evoluzione benigna anche se spesso protratta nel tempo. Invece una sindrome nefrosica che si presenta in un bambino al di sotto dell’anno di età od al di sopra degli otto anni può richiedere un accertamento bioptico per poter meglio classificare la patologia e poter formulare un più esatto indirizzo prognostico. L’accertamento bioptico oggi viene attuato molto semplicemente con una tecnica di puntura percutanea, sotto guida ecografica, in anestesia generale o locale, per i bambini cooperanti. La procedura è semplice, rapida e relativamente priva di complicazioni. Molte forme sotto l’anno di vita, sono quadri clinici importanti che spesso necessitano di un idoneo trattamento in cliniche specializzate. Possono infatti, essere rappresentate, dalla sindrome nefrosica congenita, dalla sclerosi mesangiale diffusa o da forme secondarie a patologie infettive acquisite dalla madre,. Il trattamento della sindrome nefrosica viene attuato principalmente a domicilio attraverso la somministrazione di cortisone a dosi e per periodi variabili di tempo. La malattia presenta spesso delle ricadute che vengono trattate con la reintroduzione del cortisone. Per i casi resistenti all’azione di questo farmaco (forme cortico-resistenti) o comunque legati ad una sua somministrazione giornaliera (forme cortico dipendenti) si possono usare delle terapie alternative con levamisolo o ciclosporina che, permettono impieghi terapeutici protratti nel tempo, senza gli inconvenienti legati alla somministrazione protratta di cortisone. Nella gestione è importante l’attenzione posta dai genitori nel monitoraggio dello stato di salute del bambino; ovvero il controllo costante della proteinuria, attraverso l’analisi delle urine con striscia reattiva, ed il controllo delle variazioni ponderali che, dovranno essere costantemente trasmesse al centro di riferimento. Queste attenzioni permettono una valutazione continua ed attenta della situazione clinica senza la necessità di effettuare ricoveri o controlli ambulatoriali continui. La cooperazione della famiglia è anche importante durante il trattamento con cortisone, quando è necessario limitare l’introduzione di sali e di zuccheri. Concludendo la malattia nella maggior parte dei casi ha una evoluzione clinica positiva senza danni permanenti per il parenchima renale, è comunque importante la cooperazione della famiglia nella gestione del controllo clinico a distanza e nelle opportune misure dietetiche che accompagnano la terapia.

 

Prof. Manuel Castello

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