La tiroide è una ghiandola posta alla base del collo e contribuisce al benessere fin da quando si è ancora un feto, ovvero quando si è ancora nel ventre materno. Se funziona come si deve, tutto l’organismo sta bene: il cuore pulsa regolarmente, l’intestino funziona come si deve, capelli e unghie crescono, non si ingrassa né si dimagrisce senza motivo e si è di buon umore. Se però, la tiroide è soggetta a qualche problema, l’organismo ne risente in diversi modi, con sintomi spesso così sfumati che è difficile coglierli. In altri casi, come succede per esempio nei bambini, i disturbi della tiroide sono molto evidenti perché causano soprattutto disturbi cognitivi e dell’accrescimento. Per questo è essenziale escludere eventuali problemi già alla nascita.
La tiroide inizia a svilupparsi molto presto dopo la fecondazione dell’ovocita e il suo lavoro inizia già alla dodicesima settimana di gestazione, quindi prima della fine del terzo trimestre. La tiroide del feto, per crescere bene, ha bisogno degli ormoni tiroidei materni: in altre parole, la ghiandola della mamma non deve essere affetta da alcun disturbo ed è anche importante che durante la gestazione la donna si assicuri una assunzione ancora più elevata di iodio. Lo iodio non deve mancare mai per un sano sviluppo neuronale e, quindi, cognitivo di un bambino, non solo durante la crescita, ma addirittura in epoca prenatale, prima del concepimento, quando la donna pianifica una gravidanza.
Un apporto scarso di iodio in gestazione provoca una insufficiente funzionalità della tiroide nel feto, ossia un ipotiroidismo congenito con importanti conseguenze per la maturazione delle cellule del sistema nervoso centrale. E’ nel corso della gravidanza che si sviluppa il sistema neurologico e continua nei primi 36 – 40 mesi di vita. Una carenza di iodio potrebbe già nella vota intrauterina potrebbe dar luogo ad un deficit della performance intellettiva del bambino, deficit che fortunatamente è molto lieve nelle condizioni di lieve carenza iodica, come quella che oggi abbiamo in Italia. Vi sono anche forme di ipotiroidismo congenito dovute ad un difetto di sviluppo della tiroide su basi genetiche, in questo caso non è possibile intervenire, i sintomi in questo caso sono: pelle giallastra alla nascita, sonnolenza, scarsa reattività difficoltà ad attaccarsi al seno materno e pianto rauco. In seguito il piccolo è poco reattivo, piange poco, ha difficoltà di accrescimento ed è soggetto a un ritardo nello sviluppo psicomotorio.
Per fortuna l’ipotiroidismo congenito è anche una malattia prevenibile somministrando iodio in quantità adeguate alle donne in gravidanza. Durante la gravidanza, ma anche in allattamento è opportuno assumere 200 mcg di iodio, ovviamente se la futura mamma non ha problemi di ipertiroidismo. Se questa quantità non riesce ad essere assicurata dalla normale alimentazione, non si può esagerare con il sale, anche se iodato. Il cloruro di sodio, infatti, può predisporre a ipertensione e a problemi come gestosi. Si può quindi discutere con il ginecologo l’opportunità di ricorrere a una integrazione. È anche possibile somministrare subito l’ormone tiroideo ai neonati con ipotiroidismo congenito: nel nostro paese è possibile la diagnosi precoce con lo screening che si esegue per legge su tutti i bambini appena nati dal 1992. È sufficiente effettuare un prelievo di sangue dal tallone ed effettuare il dosaggio degli ormoni tiroidei. I bambini che risultano avere una quantità di T3 e T4 troppo bassa e TSH troppo alto vengono contattati da un centro di riferimento per accertamenti. In questo modo è possibile iniziare presto il trattamento con LT- 4 o levotiroxina, cioè l’ormone sintetico, da assumere per bocca in gocce, adattando il dosaggio nel corso della crescita del bambino.
Lina Rossi
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