Sequenze del genoma umano risultano mutate in almeno un centinaio di localizzazioni diverse del DNA. La conseguenza delle anomalie è una alterazione dello spazio sinaptico.
Sono stati pubblicati ben tre lavori scientifici, di recente, che segnalano tutti una alterazione molecolare del DNA alla base dell’autismo. Sembrerebbe avvengano degli errori nello spazio sinaptico, luogo in cui si scambiano le informazioni il neurone, la parte allungata della cellula nervosa con il compito di rilasciare l’input ed i dendriti, la parte del corpo della cellula con il compito di recepire l’input. Le mutazioni genetiche sono rintracciabili su vari punti del genoma, circa un centinaio. La sequenza alterata genera difetti nello scambio di informazioni tra i vari neuroni. L’autismo è la più precoce manifestazione psicotica che possa colpire l’individuo e la sua diagnosi può essere posta già tra il secondo e terzo anno di vita. I bambini autistici non hanno alcun rapporto con gli esseri viventi, si rapportano solo a loro stessi o agli oggetti inanimati: è come se non avessero la capacità di apprendere la modalità con cui entrare in contatto con gli altri. Queste alterazioni determinano l’incapacità di stabilire un adeguato sistema di comunicazione con l’ambiente che li circonda. L’autismo può avere una genericità, ovvero si può ripresentare all’interno della stessa famiglia. Può però anche essere la conseguenza di una mutazione genetica e quindi appare ex-novo nelle famiglie.
Nel primo anno di vita
I bambini autistici vengono descritti dalle proprie madri come calmi e tranquilli, bambini che non chiedono mai nulla, raramente gridano o reclamano cure e carezze. Le manifestazioni emotive sono ridotte, quindi assenza del pianto dovuto alla paura o al dolore, questi bambini sembrano essere appagati quando sono soli. Quando vengono presi in braccio, tendono ad inarcare il dorso, come per allontanarsi dal contatto fisico. Al contrario, passano molto tempo a girare semplici giochi tra le loro manine e, se si cerca di attirare la loro attenzione, chiamandoli o battendo le mani, non reagiscono dando l’impressione, all’osservatore di essere davanti ad un bimbo con un deficit uditivo. I principali punti carenti dello sviluppo psicomotorio sono la mancanza del sorriso (3° mese) e l’assenza della reazione di angoscia di fronte all’estraneo (8° mese).
Secondo e terzo anno di vita
Il contatto con l’ambiente è sempre più limitato. Spesso anche la madre non viene riconosciuta come la figura primaria di attaccamento dal bambino. Il linguaggio è ridotto a poche parole e, quando è presente, non ha la funzione della comunicazione. Vengono infatti ripetute combinazioni di parole senza alcun senso logico e con una tonalità cantilenante. La reazione ai rumori ed ai suoni è inadeguata, nel senso che possono non creare alcun disturbo al bambino (come se non li percepisse nemmeno) o, al contrario, dare luogo a una reazione esagerata. L’unica forma di contatto fisico con gli adulti è diretta soltanto verso quelle parti del corpo che sono prive di espressività: ginocchia, piedi, capelli ecc.. Spesso il bambino autistico utilizza l’adulto soltanto come fonte o strumento adatto al raggiungimento di un fine specifico: prende le mani dell’adulto e le guida fino alla prensione dell’oggetto desiderato. All’allontanamento dei genitori non segue nessun tipo di reazione emotiva, né di pianto né di paura.
Le uniche relazioni
La manipolazione con gli oggetti è adeguata alla sua età anche se il bambino autistico è attratto dagli oggetti metallici, solidi, rumorosi e dalle forme complesse. E’ quasi sempre presente il “segno del cubo che scotta”: in altre parole, il bambino accosta la sua manina all’oggetto e, non appena tocca la superficie, velocemente la ritrae. Le bambole, rappresentazione inanimata dell’essere umano, possono scatenare la sua aggressività. Al contrario, sono inesistenti i rapporti con gli altri bambini così come è totalmente assente la risposta quando vengono invitati al gioco di gruppo. Una strategia per intervenire sull’autismo è lavorare sull’apprendimento sociale. Va stimolato il contatto umano, la persona vive e quindi assiste quotidianamente il piccolo autistico, deve essere istruito a ricercare il contatto fisico ed emozionale. In questo modo il bambino può imparare ad volere bene a chi lo assiste e, soltanto dopo questa prima conquista, è possibile un intervento riabilitativo.
Le terapie possibili
Non esiste una terapia risolutiva così come non esiste nelle psicosi dell’adulto, possono però essere attivate una serie di strategie che, tutte insieme aiutano a rendere la vita dei piccoli pazienti autistici più adeguata alla realtà.
Dott.ssa Rosalba Trabalzini
Psichiatra – Psicoterapeuta- laureata in psicologia clinica