Somministrata soltanto in ospedale ed in alcune città. Provoca l’interruzione di gravidanza causando contrazioni uterine e riduzione dell’apporto di sangue all’embrione.
L’interruzione di una gravidanza è una decisione drammatica, sempre. Pur tuttavia, può capitare di doverla prendere, per ragioni che solo una donna può conoscere nel suo intimo. Al di là di convinzioni personali, fede religiosa, amore che si prova per i bambini e, sì, anche al di là del desiderio di diventare madre, può essere necessario non portare avanti la gravidanza. Non si dovrebbe giungere mai a dover prendere questa decisione, i metodi contraccettivi disponibili oggi sono affidabili, è sufficiente parlarne con il proprio ginecologo oppure presso un consultorio famigliare, nella più totale riservatezza. L’interruzione volontaria di gravidanza oggi può essere effettuata anche attraverso un trattamento a base di mifepristone, meglio conosciuto come RU486. E’ un metodo che dovrebbe rendere l’aborto un po’ meno traumatico. Il farmaco è arrivato nel nostro paese circa un anno e mezzo fa, dopo essere stato somministrato singolarmente ad alcune donne in otto centri ospedalieri italiani, per un totale di 1.778 interruzioni. Presso l’ospedale Sant’Anna di Torino, è stata effettuata la fase sperimentale italiana. La RU486 non è in vendita e può essere somministrata esclusivamente in alcuni centri ospedalieri italiani e solo su coloro che ne hanno i requisiti ovvero se la donna è in un momento della gravidanza che rende possibile l’assunzione della compressa.
Come agisce il farmaco
Il mifepristone, è un farmaco che si lega ai recettori del progesterone, aumenta la contrattilità del tessuto muscolare dell’utero, favorisce la dilatazione della cervice uterina e ostruisce i vasi sanguigni della mucosa dell’utero, riducendo l’apporto di sangue all’embrione. Impiegata da sola, la RU486 determina l’interruzione della gravidanza in non più del 50 per cento dei casi. Per questo la somministrazione è associata ad un secondo farmaco, la prostaglandina, è questa la sostanza che determina l’espulsione dell’embrione in circa il 95 per cento dei casi. La somministrazione deve avvenire esclusivamente in ambiente ospedaliero alla presenza del ginecologo e dopo aver accertato, ecograficamente, che la gravidanza non sia oltre i 49 giorni, epoca in cui l’embrione misura circa un centimetro di lunghezza. L’agenzia europea del farmaco (Emea) ha esteso l’uso fino a 63 giorni, a quest’epoca i sintomi sono più intensi e l’embrione è più grosso, circa due centimetri. In Italia il limite è fissato a 49 giorni.
Come avviene l’assunzione
Prima di sottoporsi al trattamento con la RU486, devono essere espletare le procedure previste dalla legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza. Una volta in ospedale, vengono assunte da una a tre compresse, alla presenza del medico. Due giorni dopo, viene somministrata la prostaglandina, è questa la sostanza che provoca l’espulsione dell’embrione nel giro di poche ore. L’assunzione della prostaglandina avviene sempre in ospedale, dove la donna deve restare alcune ore. In una piccola percentuale di casi, dal 2 al 5 per cento, l’aborto può avvenire già dopo il mifepristone, prima di assumere il secondo farmaco. Al momento, è possibile richiedere la RU486 solo in alcuni ospedali del Piemonte, in primis il Sant’Anna di Torino è qui che dal momento dell’approvazione ad oggi, sono state effettuate circa 1.000 interruzioni di gravidanza. A Roma è abilitato l’ospedale San Camillo ed in Toscana l’ospedale di Siena. In Lombardia è possibile alla Clinica Mangiagalli e all’Ospedale Buzzi.
I disturbi che compaiono
Stando ai dati raccolti nel corso della sperimentazione al Sant’Anna, nel 94,5 per cento dei casi, il farmaco ha funzionato completamente evitando la necessità dell’intervento. Solo nel 5,5 per cento dei casi la donna ha dovuto sottoporsi ugualmente all’intervento chirurgico per interrompere la gravidanza. Tra i sintomi avvertiti dalle donne, il più comune è stato il dolore nel 23 per cento dei casi, seguito da nausea 13,9 per cento e diarrea 5,8 per cento. Raramente, nello 0,07 per cento del totale, è stato necessario ricorrere a una trasfusione di sangue, segno che le emorragie serie sono un evento assai raro. Un terzo delle donne ha avuto dolori e fastidi paragonabili a quelli del flusso mestruale, una terzo ha avvertito crampi un po’ più intensi. Un restante 30 per cento ha richiesto un antidolorifico.
Non è una pillola del giorno dopo
Talvolta si fa confusione tra la RU486 e la contraccezione di emergenza, meglio nota come la “pillola del giorno dopo”. Si tratta, in realtà, di due farmaci diversi, con due meccanismi d’azione ben distinti. La RU486 viene utilizzata per provocare l’espulsione dell’embrione quando è già in corso una gravidanza. La pillola del giorno dopo è un progestinico, il levonorgestrel, non è un farmaco abortivo, ma può impedire l’incontro tra spermatozoo e ovocita. La massima efficacia si ha entro 12 ore e l’effetto contraccettivo si dimezza ogni 12 ore, fino a 72 ore dal rapporto. Secondo i ginecologi, andrebbe assunta non il giorno dopo, ma immediatamente dopo il rapporto. Questo farmaco agisce prima che avvenga l’ovulazione, nell’intervallo di tempo tra il rapporto sessuale e l’ovulazione. Non blocca l’impianto o l’annidamento dell’ovulo fecondato in utero, che avviene otto giorni dopo il concepimento. Se è assunta dopo l’ovulazione, questa pillola è inefficace. In pratica viene assunta alla cieca, sperando che non si sia ancora verificata l’ovulazione. Il farmaco può essere acquistato in farmacia dietro presentazione di una ricetta che il farmacista trattiene e deve essere assunto al più presto. Qualunque medico può prescriverlo, anche medico di medicina generale o la guardia medica. La RU486, al contrario, può essere assunta solo in ospedale e non è possibile acquistarla.
dott.ssa Rosalba Trabalzini