La violenza è la rappresentazione fisica dell’aggressività, uno degli istinti genetici primordiali. È grazie a questo stato emotivo se oggi noi siamo qui, dal momento X in cui l’umanità ha iniziato a popolare il mondo. È stato grazie all’istinto dell’aggressività, se i nostri antenati hanno superato una serie di peripezie evolutive che ci hanno fatto crescere e difeso. Inizialmente saranno stati scontri con le belve feroci e tra i gruppi per la conquista del fuoco, passando per le guerre per la conquista del cibo e fino alla conquista dei territori ottimali e delle donne in cui vivere e riprodursi. Il ratto delle Sabine forse è una leggenda antica, ma racconta una verità: Romolo, dopo aver fondato la città chiede alle popolazioni confinanti di avere delle donne per procreare e popolare Roma. Al rifiuto dei vicini organizza un grande spettacolo per attirarli nel territorio romano e rapire le loro donne.
L’aggressività è però anche un comportamento recepito come un nuocere un altro individuo che non desidera essere danneggiato. Poiché l’istinto implica anche la percezione dell’intento, ciò che sembra aggressione da un punto di vista potrebbe non sembrare tale da un altro, quindi un comportamento dannoso può o non può essere considerato aggressivo. Il livello di intento alla base di un comportamento aggressivo fa una grandissima differenza. Possiamo quindi avere una forma di aggressività compulsiva determinata primariamente da emozioni impulsive. Un esempio è quando una madre urla al proprio figlio per qualcosa che lo sta mettendo in pericolo, è impulsiva e viene eseguita nella foga del momento. L’aggressività di tipo cognitivo è al contrario una forma intenzionale e pianificata ed è priva di affettività, infatti, è calcolata. Questo tipo di aggressione ha lo scopo di ferire qualcuno per ottenere una ricompensa indipendentemente se monetaria o di prestigio. Un bullo che colpisce il più debole per ottenere consenso tra i coetanei, o un gruppo di ragazzi che per gratificare il loro livello di testosterone stuprano in modo premeditato una o più ragazze.
Non sempre l’istinto genitoriale è in grado di saper discernere tra i comportamenti positivi o meno. L’educazione dei bambini dovrebbe utilizzare prioritariamente la ricompensa, elargendo riconoscimenti quando vengono attivati comportamenti socialmente validi. La ricompensa non deve mai essere un oggetto, ma un riconoscimento affettivo, del tipo: sei stato bravissimo, sono orgoglioso di te, una carezza, un abbraccio, un bacio o fare qualcosa di piacevole insieme. Se il bambino mette in atto comportamenti socialmente non validi, questi dovrebbero essere totalmente ignorati, non è facile far finta di nulla, ma è necessario per evitare qualsiasi tipo di rinforzo per quel comportamento per non accettabile. Ciò che un bambino ricerca è attirare l’interesse degli adulti, una non risposta ha valore di negazione, quindi non è conveniente proseguire con quel tale comportamento. Le punizioni aggressive al contrario, contribuisce a sviluppare la convinzione che l’aggressività è un comportamento normale. Ecco perché l’aver ricevuto un’educazione di questo tipo stimola la risposta aggressiva come semplice reazione, non possiamo dimenticare che tali comportamenti si verificano quando ci si sente minacciati o rifiutati da coloro a cui si tiene affettivamente. Però, è anche vero che non tutti coloro che hanno vissuto in un contesto violento, lo diventano a loro volta, le variabili della genetica, dell’epigenetica e del contesto sociale frequentato possono fare la differenza. Tra i bambini, i maschietti mostrano tassi di aggressività fisica più elevati rispetto alle bambine, anche i neonati differiscono, tendono a mostrare una regolazione emotiva più scarsa rispetto alle neonate. Sebbene queste differenze di genere esistano, non significa che uomini e donne siano completamente diversi o che le donne non siano mai aggressive. Negli adolescenti il testosterone inizia a sostenere la risposta aggressiva con maggiore violenza fisica. Il testosterone è in parte responsabile delle differenze di genere nella risposta aggressiva. I genitori dovrebbero ridurre l’esposizione ai comportamenti violenti, soprattutto tra i bambini, vedere scene di aggressività genera altra violenza, l’equazione finale è: più violenza si percepisce più violenza si commette. Il buon esempio da mettere in campo affinché i piccoli uomini vengano ben indirizzati nel prossimo futuro, è guidare l’istinto naturale dell’aggressività verso lidi positivi: nella ricerca, nello studio, nello sport e in tutto quello che ci consente un guadagno emozionale nel rispetto della libertà individuale.
Attivare un programma di educazione e prevenzione nelle fasi più importanti della stabilizzazione della personalità di ogni singolo individuo: la pre-adolescenza tra i 10 e 14 anni:
Per approfondire il tema dell’aggressività: La rabbia. Analisi di cinque casi di violenza
dott.ssa Rosalba Trabalzini
Responsabile scientifico Guidagenitori.it