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Binge drinking inizia sempre prima

binge drinking
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Gli esperti parlano spesso dei rischi collegati all’assunzione di alcol, sostanza classificata oggi dall’OMS come un fattore cancerogeno se l’uso assume la valenza di abuso. Non è il solo pericolo attributo all’alcol, una lunga lista, strettamente dipendente dallo sballo, completa il corollario dei rischi.  Il binge drinking, assunzione di alcol tale da raggiungere l’ubriacatura, è un triste fenomeno che riguarda molti giovanissimi, da almeno una decina di anni. Il problema è che non accenna a diminuire, anzi: sempre più giovanissimi percepiscono il fascino pericoloso di queste bevute e in età sempre più precoce.

 

Bevute epiche a tredici anni

I giovanissimi iniziano a bere per sballarsi, magari anche solo una sera a settimana. Bere alcol non è un’abitudine alimentare, ma un fatto culturale. I ragazzi bevono senza provare gusto per quello che assumono ma solo per socializzare. Questa pratica si esplica facilmente, grazie alle maggiori disponibilità economiche e al minore controllo sociale di famiglie accondiscendenti o inconsapevoli che si fidano troppo dei propri figli. L’aumento del consumo dell’alcol è stato favorito dalla diffusione di mode come l’happy hour, gli open bar, il binge drinking, le offerte di alcolici in quantità a prezzi contenuti. Abitudini che hanno preso piede nel nostro paese e che hanno portato ad assumere un comportamento estremamente dannoso verso sé stessi. Il divieto di vendere alcolici prima dei diciotto anni serve a poco perché i giovanissimi riescono comunque a procurarseli, presso rivenditori che non seguono le regole oppure grazie a fratelli maggiori compiacenti e per finire a bottiglie trovate in casa.

 

Bevute socializzanti

I ragazzi bevono per sentirsi carichi, per socializzare, per far cadere le barriere dell’inibizione, spesso per provocare e per trasgredire. Non a caso si beve molto nei luoghi di aggregazione dei giovani, dalle discoteche ai pub ai locali happy hour soprattutto il sabato sera. Secondo una ricerca condotta dall’Istituto Superiore di Sanità, il 42% dei ragazzi e il 21% delle ragazze che si ubriacano ha meno di diciotto anni. Le percentuali sono maggiori rispetto alle fasce di età tra i diciotto e i ventiquattro anni. Ogni minorenne di sesso maschile beve in media per provocare in binge drinking quattro bicchieri e mezzo di alcolici. Le ragazze assumono addirittura sei bicchieri in una serata. Questi ragazzi vengono classificati come policonsumatori: soggetti che, in una sera, ingeriscono in modo totalmente acritico e senza piacere diversi tipi di bevande anche ad alta gradazione alcolica, mescolandole tra di loro. A volte i ragazzi in questione non si rendono nemmeno conto della quantità di alcol che assumono. La maggior parte dei ragazzi dediti a questa pratica non sono infelici e né disagiati. Sono ragazzi normali, provenienti da famiglie normali, che per sfuggire alla noia, per seguire la moda, per imitare i modelli proposti dalla pubblicità e dal gossip, ingurgitano grosse quantità di qualsiasi tipo di alcolici.

 

Rischi fisici e mentali del binge drinking

I danni conseguenti alla pratica delle bevute ci sono sempre, anche se non si verificano sul momento. Può, infatti, capitare che anche anni dopo weekend di bevute si finisca in ospedale ma a quel punto il male è già cos avanzato da rischiare la vita. In questo caso gli esperti parlano di scompenso acuto da alcol, un fenomeno preoccupate e insidioso, che si fatica a spiegare, ma si pensa che entrino in gioco fattori genetici. E il rischio esiste anche nel nostro paese: a tredici – quattordici anni un terzo dei ragazzi e delle ragazze almeno una volta a settimana superato la dose di alcol raccomandata. Un recente studio condotto dal Policlinico Gemelli di Roma ha dimostrato che l’1,2% dei ragazzi tra i tredici e venti anni presentava una diagnosi di dipendenza da alcol: un quarto dei letti in ospedale è occupato da pazienti sotto i quarant’anni, spesso sotto i trenta con diagnosi di epatiti alcoliche acute e danno epatico, spesso candidati al trapianto. Secondo i dati, su 33.000 morti l’anno per cirrosi, 5.000 sono legate all’alcol. Per cercare di arginare il problema, la AISdF – Associazione italiana studio del fegato, ha proposto uno studio pilota su trenta pazienti giovani in ospedale per scompenso acuto da alcol.

 

Sahalima Giovannini

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