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I padri della pubblicità

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Maltrattati, dimenticati, ridicolarizzati: ecco i risultati impietosi di una indagine del Censis sugli spot

È lontana, ormai, l’epoca in cui Gavino Ledda descriveva la sua infanzia nel romanzo culto Padre padrone come un periodo colmo di ristrettezze e dominato dall’autoritaria figura del genitore. Oggi, nella società dell’immagine, non sono più i papà “a portare i pantaloni”, creando, secondo alcuni, una serie di squilibri all’interno del nucleo familiare. E se ne sono accorti tutti, anche i maghi della comunicazione. Secondo uno studio del Censis sulla pubblicità – Il bambino Mediato – condotto attraverso un osservatorio biennale, la figura del padre è, attualmente, praticamente inesistente. L’uomo è privato del suo ruolo di capofamiglia, dei suoi spazi ed è ridimensionato nelle sue competenze. A differenza della madre, sempre bella e seducente, raffigurata molto più competente nell’ambito domestico e in quello professionale.

Il padre… dimenticato
Nella pubblicità, l’immagine del padre è presente nel 18.2 per cento dei casi, a differenza di quella della madre che appare nel 30.2 per cento degli spot televisivi, radiofonici e sulla cartellonistica. Tra i soggetti che interagiscono con il minore in una pubblicità, il padre si piazza così al terzo posto, dopo la consorte e i gruppi di bambini (25.6 per cento). Una situazione simile si presenta anche nel campo della fiction. Il rapporto padre-figlio è fortemente determinato dalla presenza della madre (28 per cento). In questo caso, la presenza del capofamiglia (20) è superata non solo da quella di gruppi di minori (28), ma anche da quella di giovani adulti (20.7). Eppure, sia nella pubblicità che nella fiction, la casa e la famiglia sono le ambientazioni più ricorrenti, rispettivamente con il 36.7 e il 44.8 per cento dei casi.
Stando all’analisi degli esperti del Censis, puntare tutto sulla figura materna causa nel bambino una nuova forma di solitudine. Risultando assente il principio paterno a causa della forte determinazione di quello materno, il minore si troverebbe privo di un esempio e una guida importanti per la sua crescita. La mamma non sembra in grado di riassumere in sé entrambi i ruoli, creando in questo modo un vuoto nei piccoli e mistificando nelle percezioni degli stessi i due ruoli. In più, gli adulti che nella pubblicità appaiono accanto ai bambini, hanno, solitamente, atteggiamenti affettivi, complici e paritari, il che priverebbe il minore di quella guida, a volte necessariamente autoritaria, che gli garantisca chiarezza e sicurezza.

Il padre… infantile
Questa rappresentazione virtuale deriverebbe dall’attuale concreta difficoltà degli adulti a trovare una precisa collocazione all’interno delle dinamiche socio-culturali, ancora a cavallo tra tradizione e modernità. Sarebbe perciò manifestazione del tentativo dell’uomo di ridefinire il suo ruolo e della donna di coltivare sempre più interessi. Lo studio del Censis porterebbe perciò in luce un bimbo privo di punti di riferimento reali e strutturanti per la sua evoluzione. Indefinite e marginali, le figure fondanti la crescita del bambino sarebbero spesso più infantili dello stesso minore. Lo “pseudo-papà pubblicitario”, detto anche “padre-fratello”, non accetterebbe l’impegno dell’età adulta, il ruolo di guida, la responsabilità e le sfide che ne derivano. Il padre tornerebbe ad essere un bambino, addirittura un neonato, che soffre una condizione di quasi inferiorità nei confronti del figlio.

La parola agli spot
A dimostrazione di quanto sostenuto, il rapporto del Censis sceglie tre diversi spot pubblicitari televisivi, ormai storici. In Francobolli del mondo De Agostini il figlio, un adolescente, ha un atteggiamento saccente e supponente nei confronti del padre. L’uno seduto di fronte al ragazzo, “e non fianco a fianco come di solito accade tra madre e figlio”, osservano alcuni francobolli. Ad un tratto la domanda del padre: “Cos’è?”, indicando un pezzo. “È il Penny Black”, risponde il ragazzo già un po’ infastidito. Ma il padre non capisce: “Sarebbe?”. “Ma dai pa’: è un’emissione speciale del primo francobollo della storia”, sbotta il figlio.
In Filtro-fiore Bonomelli il padre siede sul divano accanto alla figlioletta che tiene tra le mani un libro. L’uomo beve la camomilla e si addormenta sereno mentre la figlia lo copre con una coperta e gli dà un bacio sulla guancia tutta soddisfatta. E quando la madre entra nella stanza, le due si scambiano un gesto complice con uno sguardo amorevole portandosi l’indice verso il naso in segno di silenzio.
In Termometro Brown Thermoscan si spiega che lo strumento sanitario pubblicizzato è adatto sia per i piccoli che per i “più grandi”, rappresentati da un uomo febbricitante con grandi occhi ironici ma rassegnati. Presto la soluzione: viene usato lo stesso termometro per l’orecchio ideato per i bambini.

 

Laura Coricelli

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