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Timidi per… errore

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Secondo una ricerca, i bambini insicuri interpretano spesso in maniera sbagliata le espressioni del volto

La timidezza non è solo una questione di carattere. All’origine, da piccoli come da grandi, potrebbe esserci, infatti, una difficoltà ad interpretare correttamente le informazioni interpersonali. La tesi è stata formulata da ricercatori dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, alla luce di risultati di uno studio che ha dimostrato una correlazione tra la timidezza nei bambini e la loro capacità di interpretare le espressioni del volto dei loro coetanei. In particolare, lo studio, pubblicato sul numero di marzo del Journal of the American Academy of Child & Adolescent Psychiatry, una delle più importanti riviste scientifiche sulla pediatria, dimostra che i bambini timidi hanno più difficoltà a interpretare correttamente le espressioni di rabbia o di ostilità dei loro coetanei.

Come è stato condotto lo studio
I ricercatori hanno cercato di capire se esiste una relazione tra il grado di inibizione nel comportamento dei bambini timidi, più predisposti a sviluppare in età adulta disturbi d’ansia, e la loro capacità di riconoscere e decifrare l’espressione del volto dei coetanei. Lo studio si è sviluppato su tre livelli e ha coinvolto circa 150 scolari compresi tra i 7 ed i 9 anni. I bambini sono stati valutati, prima dai loro insegnanti attraverso test scientifici che misurano il livello di ansia sociale e quanto il temperamento tenda all’apprensione, quindi da un’equipe di psicologi, che hanno quantificato con altri parametri il loro grado di inibizione. Infine, a tutti i bambini è stato chiesto di identificare le espressioni di loro coetanei rappresentate in una serie di foto standardizzate. I risultati hanno mostrato che non solo le valutazioni degli insegnanti corrispondevano ai livelli di inibizione rilevati sul campo dagli psicologi – per cui i temperamenti più timidi erano anche i più inibiti – ma anche che quanto maggiore era la timidezza dei bambini tanto più alto era il numero degli errori commessi nell’interpretare correttamente l’espressione nelle foto dei coetanei che esprimevano emozioni fondamentali come rabbia, gioia, disgusto, tristezza, paura, sorpresa… Inoltre, gli errori più comunemente commessi dai bambini più timidi non erano distribuiti in modo casuale ma più legati a espressioni di ostilità, come rabbia e disgusto.

Bambini timidi, adulti timidi?
Ma quanto questa scoperta può individuare in un bambino timido e inibito un futuro adulto ansioso? ”Per molto tempo – ha spiegato Marco Battaglia, professore di psicologia clinica all’Università Vita-Salute San Raffaele e primo autore dello studio – gli psicologi hanno ipotizzato che il mondo interiore delle persone afflitte da disturbo d’ansia sociale – che colpisce il 7-8% della popolazione adulta – dipendesse da aspettative negative rispetto al giudizio degli altri. Il risultato di questo studio suggerisce invece che vi possa essere una difficoltà nell’ elaborazione dell’informazione interpersonale, difficoltà che si evidenzia presto nella vita nei soggetti eccessivamente timidi”. Ma il fatto che un bambino timido di 8 anni possa diventare un adolescente o un adulto ansioso “è significativo – tiene a precisare Battaglia – solo nei grandi numeri, perché per fortuna la maggior parte di questi bambini evolve bene. Lo sviluppo, infatti, per sua natura tende al buon adattamento, è auto-organizzante. Ma è anche vero che i bambini che sono più inibiti sono poi quelli che avranno maggiori probabilità di diventare soggetti ansiosi da adolescenti o da adulti”.

Nuovi obiettivi per la ricerca
Per questo, le implicazioni di questo studio per il futuro comprendono la possibilità di inserire test di valutazione delle espressioni dei volti, negli strumenti diagnostici del disturbo d’ansia sociale e che la corretta interpretazione dell’ espressione dei volti possa rientrare negli obiettivi psicoterapeutici per questi bambini. I ricercatori sono impegnati anche a chiarire le cause dell’ ansia sociale nei bambini. Questi studi hanno due obiettivi: il primo consiste nell’ identificare i processi cerebrali precoci che si verificano nel momento in cui un bambino guarda l’espressione di un coetaneo, per cercare cosa differenzi i bimbi più timidi a livello sia neurofunzionale sia genetico. Il secondo è quantificare quanto e come i bimbi maggiormente ansiosi utilizzino porzioni di informazione visiva per arrivare ad identificare un’espressione del volto con rilevanza sociale.

 

Matteo De Matteis

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