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Quando il figlio è unico

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Sono in aumento i bambini che crescono senza fratelli: ecco quali sono i pro e i contro di questa condizione

L’Italia patria dei figli unici. Madre, padre e un bambino. La dimensione delle famiglie si sta restringendo un po’ ovunque, per necessità o per scelta. E sempre più bambini crescono senza né fratelli né sorelle. La società dei figli unici crea nuovi problemi e insicurezze: la paura di viziarli troppo, di renderli egocentrici o intransigenti, il bisogno di farli sentire meno soli.

La fortuna del figlio unico
In una intervista il professore Gail Wasserman del Child Psychiatry “Babies & Children’s Hospital” di New York , dove ha passato molti anni a studiare bambini figli unici e la loro famiglia, ha affermato: “Il figlio unico è simile in tutto e per tutto ad ogni altro bambino. In effetti per loro essere figli unici si tramuta in un vantaggio. Sono maggiormente motivati ad andare bene a scuola, hanno una educazione esemplare e sono fortemente motivati al raggiungimento del successo. Di norma hanno una buona salute fisica”. Il professor Wassermann collega, ovviamente, le caratteristiche del figlio unico al ruolo dei genitori, i quali ripongono tutte le aspettative della loro famiglia sul loro unico figlio. L’obiettivo principale per i genitori è quello di riporre tutte le attenzioni, sia finanziarie che affettive nell’unico figlio.

Figli viziati, soli e con fratelli
Un antico preconcetto vuole che il figlio unico sia più viziato degli altri, ma il problema dei figli viziati è molto più generale. La responsabilità pesa, ovviamente, sui genitori e ha due radici diverse: da una parte l’eredità del permissivismo che per un paio di decenni ha segnalato l’educazione, dall’altra l’esigenza di non perdere troppo tempo. Oggi le mamme e i papà sono sempre più indaffarati e tendono ad imboccare qualche scorciatoia di troppo nel percorso educativo dei figli. Per tagliare corto, invece di instaurare regole e porre divieti, concedono troppo. E’ più facile, per arginare i sensi di colpa, cadere nell’errore di evitare i conflitti dicendo sempre di sì. E non è vero che con un solo bambino si tende a essere più permissivi. Forse paradossalmente avviene il contrario: se i figli sono più di uno c’è anche meno energia per spiegare e motivare eventuali dinieghi, mentre sul figlio unico, spesso programmato e scelto come tale, si tende ad investire di più, a dare il meglio di sé e quindi a viziare di meno.

Il rischio: genitori troppo pressanti
Per contro mentre i ragazzi con fratelli possono imparare a cooperare tra di loro, a confrontarsi, a litigare, ad “allearsi” contro i genitori, i figli unici hanno a disposizione altre alternative per arrivare a strutturare questa capacità, che pur essendo valide, non hanno la valenza e la continuità dei rapporti tra fratelli. Il genitore del figlio unico deve fare attenzione a non avere un attaccamento eccessivo nei suoi confronti, abbandonando l’idea di realizzarsi e proiettando tutte le aspettative sul figlio, perché il bambino crescerebbe più preoccupato di soddisfare i desideri dei suoi genitori che le sue potenzialità. Soprattutto non deve sostituirsi ai fratelli che non ci sono, ma lasciare il più possibile aperta la propria casa e aiutare il bambino a creare dei rapporti profondi e duraturi con i suoi coetanei, perché il problema dei figli unici è quello di non lasciare spazio agli altri, di non farli entrare nel proprio mondo. Solo stringendo legami forti con gli amici o i cugini il figlio unico impara a mettersi in gioco e riesce a condividere, a rinunciare, a confrontarsi. A rischio altrimenti c’è il suo futuro affettivo, profonde difficoltà nella futura vita di coppia, proprio perché da bambino non ha avuto una “palestra emotiva” in cui allenarsi ai sentimenti, un gruppo di fratelli fra i quali crescere. Ma bisogna anche dire che questo “pericolo” oggi lo corrono in pochi. La mamma iperprotettiva, quella che vuole tenere il bambino legato a sé fino ai sei anni, per fortuna è una specie in via d’estinzione e la maggioranza dei piccoli imparano a socializzare già dai due anni: molti infatti vanno al nido e tutti frequentano la scuola materna, una precoce scuola di vita, dove si impara prestissimo a incontrarsi e scontrarsi con le esigenze degli altri.

Il fratellino non è un obbligo
I genitori con un solo bambino dovrebbero essere più sensibili e cercare di sopperire in qualche modo alla mancanza del giocare a casa e conseguentemente fare più sforzi per ricavare del tempo da passare a giocare con i propri figli. Tutti i bambini hanno bisogno di più tempo per interagire con i loro coetanei. Molti genitori si sentono intrappolati dal loro lavoro e pensano che un secondo figlio potrebbe rendere la vita più difficile per tutto il nucleo familiare anche se sanno perfettamente che negare un fratello o una sorella potrebbe creare delle difficoltà di integrazione. Al di là di ogni considerazione, se si ha un figlio unico e si pensa di averne un altro, questo deve essere fatto soltanto se si ha tempo ed energie per accogliere un nuovo bambino e non perché si è preoccupati che l’unico figlio possa desiderare un fratello o una sorella. I figli unici non hanno la percezione della solitudine tanto temuta dai loro genitori, vivono la loro condizione con molta “naturalezza” e chi ha deciso di non “regalare” loro un fratellino non deve sentirsi in colpa.

 

Dott.ssa Rosalba Trabalzini
Psichiatra – Psicoterapeuta- laureata in psicologia clinica

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