Capita, ma non dovrebbe capitare: vediamo insieme cosa fare per evitare di perdere la pazienza
“Niente gelato! A letto senza cena! Niente cartoni animati per una settimana!” Siete stati comprensivi e pazienti, avete cercato di controllare la vostra rabbia, ma vostro figlio insiste con un comportamento che diventa insopportabile ed ecco che parte la sculacciata o, peggio ancora, lo schiaffo. Capita, nella relazione tra genitori e figli capita di doversi confrontare anche con questo. Tutti i genitori si trovano a dover fare i conti con i capricci dei loro bambini. Capricci o comportamenti che, a volte, possono scatenare nel genitore una rabbia, suscitata dall’impotenza delle parole, che viene scaricata in parte con la famosa sberla o la sculacciata. Inutile cercare conforto e giustificazione nei consigli degli esperti del settore: la sculacciata o lo schiaffone rimangono soluzioni bocciate senza possibilità d’appello. Vediamo di comprendere il perché.
Dietro lo schiaffo, la sconfitta
La sculacciata o lo schiaffo umiliano il bambino mettendolo in una situazione di dolore, che difficilmente riesce a comprendere ed a spiegarsi. La sculacciata segna il fallimento di quanto il genitore sta cercando di insegnare. Fallisce, cioè, quella dinamica di relazione fondata su una modalità di rapporto educativa, che rispetta la reciproca identità personale. Una modalità che rintraccia nel dialogo la sua base fondante. Può, comunque, capitare che uno sculaccione scappi di mano. Quando questo dovesse capitare il genitore deve cercare di non farne una tragedia, evitando di giudicarsi senza pietà fino a considerarsi il carnefice del proprio bambino. Perdere la pazienza può capitare, deve però restare un fatto eccezionale. Non deve diventare un metodo di risoluzione dei conflitti, neppure nei momenti di maggior tensione.
Imparare a gestire la rabbia
Quando il bambino vi fa arrabbiare è inutile nascondere o negare la vostra aggressività: meglio esprimerla, filtrandola con la tenerezza. Il piccolo imparerà così che anche i sentimenti negativi, come la rabbia e l’ostilità, non distruggono l’amore, ma anzi ne sono una componente. E’ bene, quindi, imparare ad affrontare un momento di tensione o di incomprensione mettendo sempre in atto, prima di perdere la pazienza, un rapido esame di coscienza: “sono sicuro di essere stato chiaro nel far capire a mio figlio che cosa può e cosa non può fare? Sono stato credibile ai suoi occhi mentre gli chiedevo di smetterla con i suoi comportamenti?” Questo atteggiamento permetterà al genitore di interrompere il circolo vizioso, di riprendere fiato e probabilmente di evitare di ricorrere alle mani.
Sì ai castighi, ma senza esagerare
Se il comportamento del vostro bambino richiede un intervento immediato o una punizione è comunque necessario intervenire subito in modo fermo e autorevole, senza discutere. E senza “fargliela pagare” più tardi, a scoppio ritardato. Invece dello sculaccione, riscopriamo uno dei castighi più semplici e tradizionali: mandare il bambino in una stanza e lasciarlo lì da solo. Essere isolato dagli altri, gli darà modo di riflettere su quello che ha fatto e gli farà capire che la prossima volta dovrà comportarsi in maniera diversa. Attenzione però: perché il castigo sia efficace non deve durare a lungo, altrimenti il rischio è che la punizione ottenga l’effetto opposto.
Vietato rifugiarsi nei paragoni
Per ultimo, ma non per importanza, evitare assolutamente frasi del tipo ”sei un vero e proprio disastro!” oppure “guarda gli altri bambini come sono bravi!”. Queste frasi rischiano di ferire il bambino che non ha un carattere ancora ben formato.
La formula vincente anche in questi momenti di maggiore tensione resta, nella relazione genitori-figli, sempre quella del dialogo. Un dialogo possibile, anzi indispensabile, che deve diventare la strategia principe proprio quelle volte in cui dare uno sculaccione sarebbe la soluzione “più a portata di mano”.
Dott.ssa Ilaria Ronchetti
Psicologo