Capricci, la prima cosa da fare è capirne il significato

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Capricci, la prima cosa da fare è capirne il significato

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È sempre stato un bambino bravissimo, un vero angioletto. Adesso ha compiuto i due anni e genitori e nonni non lo riconoscono più. Il piccolo si arrabbia per un nonnulla, per qualsiasi banalità piange, urla e strepita, spesso in luoghi pubblici dove il dispiacere si somma all’imbarazzo. È arrivata, insomma, l’età dei capricci: una fase normale, che può durare anche anni e che tutti i bambini attraversano in modo più o meno evidente. Sicuramente gestire i capricci non è semplice, ma affrontarli con la giusta serenità è importante sia per la sicurezza dei genitori, sia per l’educazione del bambino.

Una normale fase di passaggio
Dai due anni in poi, più o meno, il bambino inizia ad acquisire la sua personalità: forma i suoi gusti, diviene sempre più autonomo e questa normalissima esigenza di evoluzione psicologica si scontra inevitabilmente con le regole che, a ragione, vengono poste dai genitori. Per esempio può capitare che un bambino chieda un gelato poco prima di cena e che la mamma risponda di no, oppure che la bimba in un mattino di pioggia, desideri indossare a tutti i costi i sandali aperti, ricevendo un ovvio rifiuto. In queste situazioni possono prendere avvio reazioni eccesive difficili da contenere. In casi come questo il bambino arriva a comportamenti estremi pur di affermare la sua presa di posizione come ad esempio farsi prendere da accessi di tosse incontenibili. Insomma, proprio un bel pasticcio, soprattutto se ci si trova in pubblico, sotto gli occhi di tutti. Non si deve però pensare di essere stati dei cattivi educatori, di avere mancato in qualcosa o che il bambino sia viziato e problematico. A questa età l’affermazione del sé passa proprio attraverso la negazione di tutto quello che dicono i genitori: un po’ come accade, più avanti e con diverse modalità, in adolescenza. Questi passaggi obbligati, non sempre indolori, sono necessari per lo sviluppo del bambino, quindi vanno gestiti con calma ed equilibrio.

Fare finta di nulla è la migliore strategia
Prima di tutto, per sicurezza, si deve capire se il bambino si comporta in questo modo perché sta poco bene: potrebbe essere l’inizio di un malessere come una febbre in arrivo o forse è solo stanco ed a questa età, purtroppo, i piccoli non sanno utilizzare altri linguaggi per comunicare il disagio. Quindi, conoscendo la sua tendenza al capriccio, è opportuno evitare di trascinarlo al supermercato nell’ora di punta, dopo essere stato tutto il giorno al nido o alla materna. Una volta accertato l’assenza di problemi di salute e di eccessiva stanchezza, il capriccio non va assecondato. Cedere alle sue richieste, solo per il timore di fare una brutta figura in pubblico, è pericoloso: il piccolo capirebbe subito che un piccolo capriccio è sufficiente a far capitolare i genitori. Quindi è bene non attribuire importanza alla cosa: è sufficiente dirgli con calma, che il suo comportamento non è accettato e che quindi, può anche continuare nella sua reazione ma noi non ne terremo conto. Questo significa che realmente non bisogna dare attenzione a quel comportamento e non reagire proprio come se nulla stesse accadendo! Lo stesso atteggiamento dovrebbero assumere i nonni e la tata, soprattutto se trascorrono molto tempo con il bambino e la loro presenza riveste un ruolo educativo non indifferente. La classica sgridata al bambino non approda a nulla se non alzare i toni da entrambe le parti, soprattutto in pubblico, peggiorando il suo comportamento. Piuttosto, si può arrivare a un compromesso, cedere in minima parte alle sue richiesta a fronte di una condizione da valutare di volta in volta, che gli verrà richiesta.

Lina Rossi

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