

I genitori non sono certo felici quando i loro bambini dicono le bugie, è importante far capire loro che le bugie non si raccontano. Tutti dobbiamo trovare il coraggio di affrontare la realtà, ma qualche piccola deroga può essere concessa solo nel caso delle cosiddette – bugie bianche – per non ferire troppo una persona. Se però, nel frattempo, ci rendiamo conto che nostro figlio e un inguaribile bugiardo, non cerchiamo di vederne nel frattempo il lato positivo. Quello che può sembrare un difetto inaccettabile, secondo uno studio può rivelarsi invece un marker dell’intelligenza.
Da una ricerca effettuata dal dottor Kang Lee dell’Università di Toronto su 1.200 bambini e ragazzi di età compresa tra i due e diciassette anni, è risultato che, a due anni, il 50% di loro racconta bugie. Dai quattro anni in su, a inventare frottole è ben il 90%. Il picco massimo del racconta-bugie è intorno ai dodici anni. L’equipe del dottor Lee ha presentato un quadro del tutto inaspettato. La sua ricerca sostiene infatti che i bambini bugiardi fin dalla più tenera età sono quelli che hanno le maggiori possibilità, una volta adulti, di diventare dei leader nel gruppo e anche nel lavoro, sviluppando capacità che portano a una vita professionale di grande successo. Sembra infatti che, per poter raccontare la bugia sia necessario avere un circuito cerebrale strutturato e complesso, tale da arricchire la realtà di particolari inventati. È proprio questa caratteristica che permette di definire la bugia come un indicatore dell’intelligenza dei bambini.
La prossima volta che il vostro bambino negherà di aver distrutto il giocattolo di suo fratello, nonostante le prove siano contro di lui, non affliggetevi troppo. Provate a riflettere sul vantaggio della bugia detta oggi in funzione della possibile evoluzione positiva del loro futuro. Il raccontare le bugie non deve essere inquadrato come un comportamento patologico ma va visto per quello che rappresenta, ovvero il segnale rivelatore di una nuova fase dello sviluppo cognitivo. Il raccontare una bugia, intesa come l’acquisizione di un processo astratto, ci rivela che il sistema cognitivo è in grado di seguire due tracce in contemporanea, la realtà e la finzione. In pratica il bambino è in grado di manipolare i suoi pensieri e di ricordarne le tracce non reali.
Fino al compimento dell’adolescenza la bugia è ammessa. Se, però, continua ad essere una modalità della comunicazione, è bene andare a fondo di questo aspetto: può significare che il rapporto con vostro figlio deve compiere un importante passo in avanti. Questo è infatti il momento per cercare di conoscere più a fondo l’interiorità del ragazzino. Se porrete attenzione al contenuto delle bugie, potrete capire molte cose del suo universo e del loro rapporto con voi. Proprio come avviene per i sogni, le bugie rappresentano un modo per esprimere i bisogni. Inoltre, raccontare bugie può essere una forma di incapacità di sostenere la realtà e soprattutto le conseguenze delle proprie azioni. Noi genitori dobbiamo cercare di interpretare il messaggio ed attivare un nuovo modo di comunicare basato sul dialogo aperto e sereno a superamento della bugia.
Lina Rossi
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