Adolescenti: uno su cinque si ferisce volontariamente

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Adolescenti: uno su cinque si ferisce volontariamente

Ferite
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L’adolescenza è la fase della vita più complicata e difficile sia da vivere sia da capire. Ma è difficile accettare che, per la sofferenza psichica interiore, un ragazzo arrivi a procurarsi vere e proprie ferite. Eppure, non sono pochi i ragazzi che seguono questo comportamento. Secondo un’indagine condotta in Inghilterra dalla Children’s Society, un ragazzo su cinque pratica autolesionismo.

 

Troppi adolescenti si procurano ferite

I dati sono stati raccolti dal Millennium Cohort Study, un progetto di ricerca che segue fin dalla nascita circa 19.000 bambini nati nel Regno Unito tra il 2000 e il 2001. Oltre 11.000 di questi giovanissimi hanno risposto a un questionario nel quale veniva domandato se si fossero fatti male di proposito, in qualsiasi modo, nell’ultimo anno. Delle 5.624 ragazze che hanno risposto, 1.237 hanno dichiarato di essersi auto-danneggiate, pari al 22%. Tra i ragazzi la percentuale scendeva al 9%. I tassi peggiori, 46%, erano tra chi si sentiva attratto da persone dello stesso sesso o da entrambi i sessi. Ma quale attività autolesiva si procurano i ragazzi? Si strappano i capelli, si pizzicano alcune parti del corpo, fino a procurarsi lividi, tagli e ustioni. In alcuni casi arrivano anche a sbattere la testa contro il muro. Attacchi verso il proprio corpo, anche più volte, accomunati però dal fatto che sono un tentativo per affrontare ricordi difficili e dolorosi. The Children’s Society stima che 109.000 ragazzi di 14 anni possano aver compiuto atti autolesionisti in tutto il Regno Unito durante il 2015: 76.000 ragazze e 33.000 ragazzi. E il numero di ricoveri ospedalieri di ragazze under 18 anni per autolesionismo sarebbe quasi raddoppiato in due decenni, da 7.327 nel 1997 a 13.463 nel 2017.

 

Lesioni varie per provare sollievo

Non sempre è facile capire se il proprio figlio o figlia adolescente praticano autolesionismo. Spesso, infatti, i ragazzi si infliggono ferite in punti non visibili, oppure indossano maglie a maniche lunghe, tanti braccialetti o pantaloni lunghi anche in estate. Secondo gli esperti, i ragazzi si autoinfliggono tagli o ustioni per far uscire, insieme con il sangue, il dolore che si avverte nel proprio animo. Un dolore che ha sempre una motivazione. Tra gli autolesionisti, infatti, il 60% è stato nell’infanzia vittima di violenze, di abusi sessuali o psicologici, oppure ha vissuto in una famiglia disagiata. Il restante 40 % ha trascorso un’esistenza apparentemente normale, ma con genitori poco affettuosi, assenti, oppure che pretendono troppo dai loro figli. Molti ragazzi si procurano le ferite come atto liberatorio per colpa del bullismo in classe. Ferendosi, i ragazzi e le ragazze trovano una via d’uscita al proprio dolore: non è un meccanismo molto diverso da coloro che si provocano il vomito, oppure da quelli che si bucano il corpo con piercing che di estetico hanno ben poco.

 

Il ruolo della famiglia

Spesso questi adolescenti non hanno amici, vivono relazioni virtuali con altri autolesionisti, è solo con coetanei a loro immagine e somiglianza che si trovano a proprio agio sentendosi così normali. Il problema è che l’autolesionismo è vissuto al pari di una dipendenza al pari dalla droga e dall’alcol, più viene praticato, più è difficile farne a mano. Per questa ragione i giovanissimi autolesionisti seriali, se non risolvono il meccanismo che ne è alla base, rischiano di incorrere in forme di dipendenza. Il problema è che accorgersene non è semplice perché i ragazzi sono molto bravi a mascherare queste ferite. Non di rado riescono ad aprirsi con qualcuno all’esterno della famiglia, per esempio un giovane insegnante o lo psicologo della scuola. Se però i genitori se ne accorgono, non devono sentirsi in colpa, autoaccusarsi o affrontare con veemenza il figlio. Al contrario, i genitori comprensivi devono mostrarsi affettuosi e pronti ad accogliere il figlio adolescente senza giudicare, eventualmente facendosi aiutare da un valido psicoterapeuta o Psichiatra.

Giorgia Andretti

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