Latte, il primo alimento
8 Novembre 2010
Al principio è: “solo noi due”
9 Novembre 2010

Partorire cantando

Condividi sui social

Intonare nenie o semplici filastrocche è una antica usanza che sta diffondendosi anche da noi. Durante il travaglio di parto, sembra donare benessere alla mamma e al bimbo.

Un’espressione di serenità come il canto pare accordarsi poco con un momento come quello del parto, felice e indimenticabile, ma indubbiamente doloroso. E invece, sembra che cantare sia un modo per incanalare positivamente l’energia necessaria per sopportare il travaglio e per assecondare le spinte, per provare sollievo e per trasferire benessere sul bambino. In fondo, è una pratica antica, che si seguiva già secoli fa in regioni orientali come il Marocco e l’India, una sorta di analgesia assolutamente naturale. A quasi tutte le donne, infatti, viene spontaneo gemere, urlare o addirittura lasciarsi andare a qualche parola poco conveniente durante le contrazioni. La filosofia del “parto cantato” è proprio imparare a incanalare l’energia che induce a gemere e a gridare, in una serie di emissioni sonore positive, che danno benessere alla donna alleviando i dolori. Di riflesso, anche il bimbo ne risente in meglio.

Un nuovo parto “dolce”
Nel nostro paese la tecnica si sta sperimentando, sembra con un certo successo, presso ospedali come il Carlo Poma di Mantova, in alcune aziende sanitarie delle province di Livorno e Pisa e in strutture private a Firenze. Per quanto il canto sia un fatto spontaneo e naturale, infatti, non si deve pensare che ci si possa basare sull’improvvisazione. Il parto “cantato” si può vivere attraverso un periodo di training, da effettuare nell’ospedale che lo propone in via sperimentale. Al Poma di Mantova, per esempio, l’ostetrica Elisa Benassi propone un corso pre-parto di musicoterapia ed insegna alle gestanti agli ultimi mesi di gravidanza a liberare le proprie emozioni attraverso l’emissione di melodie e vocalizzazioni. In questo modo, al momento del travaglio, l’espressione melodica aiuterà la liberazione di endorfine, sostanze chimiche cerebrali che regalano una sensazione di benessere e di rilassamento. Tutto questo aiuta a sopportare meglio i dolori del travaglio e a trovare nuova motivazione ed energia per dare alla luce il bambino.

Ecco come funziona
Le ostetriche che stanno conducendo la sperimentazione affermano che, grazie alla vibrazione della voce durante il canto, la conduzione dello stimolo doloroso al cervello viene in parte bloccata, quindi è avvertita in modo meno intenso. Il canto, inoltre, agisce direttamente sul diaframma, la struttura muscolare che divide lo stomaco dal torace e dai polmoni e che, contraendosi, influisce sulla qualità della respirazione. Cantare, in altre parole, aumenta la capacità respiratoria, allentando la tensione muscolare e, di conseguenza, l’intensità delle contrazioni. Il canto inoltre aiuta la donna a mantenere la concentrazione sul parto, a non farsi prendere da ansia e panico che rendono i muscoli testi e il dolore più intenso. Tutto questo facilita la nascita del bambino, che riesce a “transitare” più agevolmente all’interno del canale del parto. La musica stessa ha un forte potere evocativo: aiuta a prendere consapevolezza e a far affiorare i timori relativi al parto, allo stato di salute del bambino, volgendo in positivo immagini e sensazioni che potrebbero spaventare e indurre in uno stato psicologico non ottimale. Tale sensazione sarebbe fornita soprattutto dalla musica classica: gli ostetrici del Chelsea and Westminster Hospital di Londra sostengono che le musiche migliori per le partorienti sono i concerti per pianoforte e l’Ouverture de Le nozze di Figaro di Wolfgang Amadeus Mozart.

 

Giorgia Andretti

Registrati o Accedi

Lascia un commento