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La nascita del Gange

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Per “lavare” le colpe degli avi, il piccolo Bhagirata invocherà l’aiuto delle acque della dea Ganga

Un giorno una stirpe di re discendenti dal dio Rama si coprì di gravissimi delitti e venne maledetta e ridotta in cenere. L’unico sopravvissuto fu il piccolo e innocente Bhagirata, figlio di Dilipa. Passarono gli anni e il bambino divenne un uomo adulto, seppe allora delle colpe per cui tanto duramente erano stati puniti i suoi antenati e andò da un sacerdote a chiedere come farli ritornare in vita. – Solo a prezzo di un’impresa talmente difficile da risultare quasi impossibile: rispose il vecchio saggio. – Voglio tentare ugualmente: rispose Bhagirata. – La tua stirpe resusciterà solo se la dea Ganga acconsentirà a scendere dal cielo e a bagnare con le sue acque le loro ceneri. – Come posso rivolgermi alla dea? – Per mezzo di Brahama, il Creatore. Il ragazzo si ritirò in solitudine nel mezzo di una foresta e iniziò un lungo periodo di digiuno e di meditazione, al termine del quale gli apparve il Creatore. – Conosco le tue pene, o giovane Bhagirata, – gli disse – e voglio aiutarti. Manderò la dea Ganga sulla terra perché lavi le colpe dei tuoi antenati, ma devi sapere che metterai l’intero genere umano a repentaglio, poiché solo Shiva è in grado di sopportare il terribile urto delle acque che precipiteranno dal cielo: se Shiva non ti aiuterà , l’India intera e tutti gli uomini che la abitano verranno spazzati via come fuscelli. Il giovane riprese il digiuno e la meditazione, implorando Shiva di proteggerlo. Finalmente il dio gli apparve e gli promise il suo aiuto. La dea Ganga e le sue acque torrenziali precipitarono giù dal cielo e il potente Shiva le accolse sulla testa. Da lì prese a scorrere il Gange, impetuoso e ruggente; il suo corso seguiva la strada che conduceva alle ceneri dei principi maledetti della stirpe di Bhagirata. Il ragazzo attendeva trepidante accanto alle ossa dei suoi morti, ma il fiume non arrivava. Passarono tre giorni, al termine dei quali decise di incamminarsi alla ricerca del Gange e delle sue acque miracolose. Marciò senza mai fermarsi e si inerpicò lungo i pendii del monte Kailash, dimora di Shiva sull’Himalaya. Dopo parecchi giorni, giunse in una foresta le cui foglie erano ancora grondanti di pioggia e il cui terreno era stato reso paludoso da una recente inondazione. – Di qui è passato il Gange – esclamò Bhagirata – ma sembra essere scomparso! Cosa può essere successo? Interrogò la gente del luogo e venne così a sapere che, nel folto della foresta, viveva un vecchissimo Sadhu, un santone che certo avrebbe potuto spiegargli cosa era accaduto. Il ragazzo lo cercò per giorni e notti e finalmente lo trovò , seduto a gambe incrociate, con gli occhi chiusi, immerso in una profonda meditazione. Non volendo disturbarlo, Bhagirata gli si sedette accanto e prese a meditare a sua volta. Quando il vecchio saggio aprì gli occhi, gli chiese: – Ragazzo, poiché sei venuto fin qui a cercarmi, dimmi cosa posso fare per te. – Ho implorato Brahama e Shiva di mandare la dea Ganga sulla terra perché con le sue acque possa purificare e ridare vita ai miei antenati e alla fine entrambi hanno acconsentito ad aiutarmi, ma ora il fiume sembra essere scomparso nel nulla! – II Gange è precipitato sulla testa di Shiva con tuta la sua forza – disse il vecchio – e ha sommerso la rupe sulla quale stavo pregando, minacciando di travolgermi e di distogliermi dalla meditazione. Per questo ho raccolto l’acqua nella coppa delle mie mani e l’ho bevuta. – T i prego, venerato Sadhu, saggio tra i saggi, – lo implorò Bhagirata – lascia che il Gange riprenda il suo corso e che bagni con le sue sante acque le ceneri dei re miei avi! Il vecchio si mise un dito in un orecchio e ne estrasse una goccia d’acqua, che gettò lontano. D’improvviso le onde del Gange presero a fluire impetuose verso valle, scesero lungo il pendio del monte Kailash e giunsero fino alle ceneri tanto care al coraggioso Bhagirata: fu così che la stirpe maledetta poté rinascere e riscattarsi dalle sue colpe.

 

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