Qual è il senso di riempire pagine di parole, parole ed ancora parole se non iniziamo, noi genitori, a crescere bambini e quindi - uomini - che rispettino le donne, tutte le donne, di ogni età ed etnia.
Un mio articolo di due anni fa iniziava con questo grido: Per cambiare la mente degli uomini ci vogliono mamme che insegnino il rispetto verso le donne. Lo sviluppo del pensiero che ci accompagnerà negli anni della maturità inizia con lo sviluppo del linguaggio e quindi: i primi tre anni vita. Avrei voluto cambiare l’incipit oggi, ma non avrei saputo come altro iniziare, il discorso è sempre lo stesso, in due anni non è cambiato e né sta cambiando nulla. E’ alle mamme che vorrei arrivasse il messaggio: mamme, insegnate ai bambini il rispetto verso la donna ed alle bambine il rispetto verso se stesse e, soprattutto, fare attenzione a non confondere mai il linguaggio dell’amore, il denominatore comune deve essere la comprensione e non il possesso.
Siamo noi donne le artefici del nostro futuro di genere, rimbocchiamoci le maniche ed iniziamo ad insegnare il rispetto, qualcuno forse irriderà ma non dimenticate che il primo insegnamento avviene attraverso il processo dell’imitazione. Proviamo a non permettere mai a nessuno di usare violenza contro di noi, fisica o verbale che sia, neanche al padre dei nostri figli in nome dell’amore. I bambini sono osservatori passivi, le immagini di vita quotidiana diventano le solide basi del comportamento adulto, più di ogni altra cosa a fissarsi in modo indelebile sono le immagini a forte contenuto emotivo. Sappiamo bene tutti che la famiglia ideale non esiste, è normale che le dinamiche intra-familiari possano sfociare alcune volte in situazioni conflittuali e dare avvio a discussioni, in fondo la coppia genitoriale è un concentrato di due sistemi genetico-educazionali che ad un certo punto della vita s’incontrano per amalgamarsi. I contrasti, più o meno ben gestiti, non dovrebbero mai avvenire davanti ai bambini, utilizzare una stanza con porte e finestre chiuse per litigare, tenendo ovviamente i figli fuori, significa attuare un sistema di educazione ragionevole da adulti responsabili.
La responsabilità è un concetto da apprendere sempre nei primi anni di vita, ecco che siamo nuovamente punto e a capo, torniamo all’educazione e soprattutto come gestire la rabbia e la conseguente aggressività. La differenza questa volta è nel fatto che la rabbia è uno degli istinti emozionali naturali dell’essere vivente, nei bambini fa la sua comparsa già nei primi mesi di vita, le strutture cerebrali del sistema limbico che per prime iniziano a diffondere il loro input sono il talamo e l’amigdala. Si è visto che proprio in queste aree hanno origine le emozioni, la rabbia è una di queste, è verosimile quindi che ogni evento esterno vada a generare una successiva elaborazione dell’emotività e che a sua volta andrà ad influenzare lo sviluppo cognitivo. A solo esempio cito una delle modalità messe in atto all’epoca dagli indiani Sioux per sviluppare l’aggressività. Ai neonati, in genere dopo il sesto mese, erano lasciati piangere molto prima di offrire il seno per alimentarli, quando erano attaccati per soddisfare il bisogno della fame, in contemporanea venivano dati dei colpettini sulla testa per disturbare il momento idilliaco. Tra tutti i nativi americani i Sioux sono passati alla storia per la loro aggressività!
Essere genitori oggi significa essere pronti ad accogliere ed educare un bambino, molti riescono nel loro compito bene altri, un po’ meno. Se ci si rende conto di aver bisogno di aiuto, non aver timore di richiederlo, professionisti come il pediatra, lo psicologo specializzato nell’età evolutiva e lo psichiatra sapranno accompagnare chi si occupa del percorso di crescita dei bambini.
Rosalba Trabalzini