


Gli attacchi di panico sono inconfondibili. All’improvviso una situazione di ordinaria serenità può trasformasi in un caos emotivo con i segni inconfondibili dell’ansia: tachicardia, sudorazione, iperventilazione e tremori vari.
La sensazione è di paura intensa, timore di perdere il controllo, di impazzire e dire parole insensate od offensive. Il tutto può durare da alcuni minuti fino al massimo di una mezz’ora o poco più. La sensazione di non poter fare nulla per bloccare l’attacco di panico aumenta ancora di più l’ansia, soprattutto avendo ben chiaro il concetto di irragionevolezza del pensiero. Solo una soluzione è vista come l’unica possibile: evitare la situazione che ha scatenato l’attacco. L’alternativa prevedere quindi evitare la situazione. A titolo esemplificativo il comportamento possibile diventa: se ho paura di un cane e la sua vista mi scatena un attacco di panico, posso risparmiarmi tutto il malessere dell’ansia che ne consegue evitando la vista del cane.
La persona che vive la situazione non riesce a darsi delle risposte chiare. E’ in grado soltanto di riconoscere, ad uno ad uno, tutti quei sintomi messi insieme al quale attribuisce il termine di attacco di panico. Gli psicoterapeuti aiutano a ridurre la paura lavorando:
Gli stimoli scatenanti possono essere di qualsiasi natura, il filo conduttore che lega tutte le situazioni è però la paura di perdere il controllo in tutti quei momenti in cui è richiesta la massima attenzione. Ecco allora che l’attacco di panico può essere stimolato da:
L’organizzazione mentale del soggetto fobico
Il soggetto fobico ha la necessità di aver ben chiaro due punti: sentirsi sicuro e libero. Questo per lui significa: 1- non posso restare intrappolato in nessuna situazione che genera senso di costrizione e 2 – esigenza di libertà percepita come bisogno di spaziare in lungo ed in largo. Il fobico ha la necessità di sentirsi libero e sicuro sempre in qualsiasi situazione. I timori o paure più frequenti del soggetto fobico sono:
Il controllo è la tematica costate nel fobico, la paura principe è appunto la paura di perdere il controllo nelle situazioni più disparate.
Lo sviluppo individuale
L’organizzazione cognitiva del soggetto fobico ha inizio con lo stadio dell’autonomia, quando il bambino inizia ad esplorare il suo mondo. Se in questo periodo, il bambino riceve una serie di dinieghi, tali da inibire il comportamento di esplorazione, per superare la paura che ne consegue, verrà attivata una costante ricerca di protezione da parte dell’adulto. Il bambino si trova a dover fronteggiare due situazioni di fondamentale importanza: il bisogno di esplorare e manipolare il mondo circostante e la necessità di rassicurazioni per come il mondo viene fatto vedere: pericoloso e minaccioso. E’ qui che si inserisce quel particolare modo degli adulti di rapportarsi al bimbo individuato come il comportamento genitoriale iper – protettivo:
Nei primi anni di vita i bambini iniziano a sperimentare le loro paure fisiologiche: i forti rumori, il buio, gli animali o i luoghi sconosciuti. La naturale reazione a questi eventi è la paura soprattutto in assenza di un adulto. Sono paure destinate a trovare un adattamento nelle fasi successive di sviluppo. Un genitore sicuro ed equilibrato sa accudire il bimbo correttamente, dando protezione solo quando è necessario e lasciando che il bimbo continui nella sua esplorazione. Un genitore iperprotettivo al contrario impedisce l’esplorazione, non solo, invia anche dei messaggi di diffidenza verso il mondo esterno. Sono ricorrenti frasi del tipo: il mondo è pericoloso, gli estranei vanno tenuti lontano, i bambini sono deboli e devono sempre essere accuditi da un adulto. La naturale conclusione di questa impostazione porta il bimbo a restringere la sua libertà in un piccolo spazio ristretto, indipendentemente se fisico o sociale. Solo in questo ambito, il bimbo potrà sentirsi protetto ed in grado di gestire se stesso ed il mondo. I suoi confini sono quindi ben delimitati e quando la realtà obbliga ad uscirne fuori, le angosce sono pronte a fare la loro parte. L’inserimento nella scuola materna ne è un esempio, sono bambini fortemente dipendenti dalle figure di protezione e fanno difficoltà a separarsene. Ecco che il bambino inizia ad avvertire la dualità delle sue emozioni: bisogno di libertà per crescere e conoscere e senso di costrizione dovuto al bisogno di protezione.
Dott.ssa Rosalba Trabalzini
Psichiatra, psicoterapeuta, laureata in Psicologia clinica