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All’origine dei disturbi alimentari

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Le patologie psichiche legate al cibo, come l’anoressia e la bulimia, fondano spesso le loro radici in una storia familiare fatta di rapporti difficili. Vediamo insieme gli errori da evitare.

Il modo in cui parliamo ai nostri figli del loro aspetto fisico potrebbe avere effetto su di loro per tutta la vita. Allo stesso modo, anche il nostro atteggiamento nei confronti del cibo potrebbe esporre i ragazzi a manifestare disturbi alimentari di natura psicologica, come anoressia, bulimia o forme miste. Ancora più importante si rivela l’ambiente familiare. Nel passato dei pazienti con disturbi dell’alimentazione, infatti, si riscontra l’influenza di un tipico ambiente familiare caratterizzato da una comunicazione ambigua e contraddittoria. Quando tutti questi elementi vengono ad associarsi, si crea uno stile di attaccamento verso le figure di riferimento ambiguo ed indefinito. Puntiamo quindi i riflettori sulla tipica famiglia di una potenziale paziente anoressica o bulimica.

La famiglia
I genitori sono solitamente persone molto attente agli aspetti formali della vita e alle apparenze sociali che debbono essere rispettate. L’obiettivo fondamentale, in questo caso, è quello di dare ai propri figli l’immagine di un matrimonio felicemente riuscito, con la conseguenza che anche il più piccolo problema viene ignorato per evitare di manifestare qualsiasi tipo di difficoltà.
Per questi genitori è importante apparire completamente dediti al benessere dei figli. In realtà questo atteggiamento è necessario soprattutto a loro per sentirsi a proprio agio, piuttosto che essere utili al bambino. Ci troviamo sempre di fronte ad una madre totalmente concentrata sui figli, iperprotettiva, iperpresente, ipercontrollante.
In un simile contesto, ai figli è preclusa la possibilità di esprimere le proprie emozioni ed opinioni, debbono dare sempre il meglio ed, in effetti, a scuola sono i più maturi, i più educati, i più bravi. Per contro sviluppano un senso di inaffidabilità sulla propria capacità di riconoscere le sensazioni interne: ad esempio la fame, la sazietà, la stanchezza. I ragazzi sono abituati a mangiare ad orario, indipendentemente se si ha fame o meno, oppure andare a letto a tale ora soltanto perché si è stabilito che è necessario dormire tale numero di ore.

La crescita
Nel periodo che va dalla fine della fanciullezza all’inizio dell’adolescenza i ragazzi sviluppano poi un sentimento di delusione nei confronti del genitore preferito che, inevitabilmente, mette a repentaglio il già precario equilibrio psicofisico.
Questo percorso, che precede l’arrivo dell’adolescenza, porta inevitabilmente ad un riordino ed una riappropriazione del sé partendo da ciò che prima era impossibile realizzare: uscire dal controllo materno ma, paradossalmente, non essendo capaci di controllare e riconoscere le proprie sensazioni interne, i ragazzi iniziano da ciò che sono capaci di fare: il controllo di sé attraverso la razionalità. Ed è proprio con razionalità e metodicità che affrontano il capitolo dell’alimentazione. E’ questo il periodo in cui si iniziano le diete: prima ci si prefigge un risulta e poi, raggiunto quello, si sconfina nell’irrazionalità adottando regimi alimentari sempre più rigidi, senza riuscire a fissare veramente alcun termine.

Le precauzioni
Cosa fare allora per prevenire questo che è considerato tra gli aspetti più dolorosi della neuropsichiatria?

  • Rispettare i tempi dei ragazzi: lasciarli mangiare se hanno fame e non è ancora ora di cena o farli smettere se non hanno più appetito.
  • Evitare l’imposizione di orari troppo rigidi per andare a dormire o per alzarsi.
  • Ricordarsi che il rispetto delle regole è necessario ma possono essere concesse delle deroghe purché non si discostino di molto dagli “accordi”
  • Insegnare ai ragazzi a riconoscere il gusto dei cibi.
  • Creare un’atmosfera di piacevolezza e di intimità al momento di andare a tavola.
  • Tenere radio e televisione rigorosamente spente durante i pasti.
  • Evitare di pretendere dai ragazzi prestazioni scolastiche o sportive troppo ambiziose
  • Rispettare le loro predisposizioni naturali senza imporre scelte non condivise.
  • Offrire sempre un’immagine il più reale possibile della famiglia.
  • Evitare di porsi agli occhi dei ragazzi come modelli infallibili.

Ovviamente queste poche regole non costituiscono un rimedio infallibile, ma possono essere lette come un piccolo supporto per non incorrere in atteggiamenti che possono favorire l’insorgere del disturbo alimentare psicogeno.

 

Dott.ssa Rosalba Trabalzini
Psichiatra – Psicoterapeuta- laureata in psicologia clinica

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