globuli rossi anemia mediterranea Thalassemia major
Nonostante l’evoluzione delle terapie, è una malattia ancora diffusa nel nostro paese. L’anemia mediterranea consiste in una forma di anemia ereditaria a trasmissione autosomica recessiva, caratterizzata da un minor numero di globuli rossi che sono anche più piccoli, nel malato, mentre nel portatore sano i globuli rossi sono sì più piccoli, ma molto più numerosi della norma. La conseguenza di questa patologia è la scarsissima quantità di emoglobina a disposizione e, quindi, l’insufficiente afflusso di ossigeno agli organi vitali. Solo con le trasfusioni di sangue mensili si ottiene un beneficio costante. Sono circa 7.000 in Italia le persone che soffrono di anemia mediterranea ed oltre 2 milioni sono i portatori sani, concentrati soprattutto nelle zone del delta del Po, nelle isole e nelle regioni meridionali. Grazie ai progressi della medicina, la qualità della vita dei piccoli pazienti è decisamente migliore rispetto a qualche anno fa.
Le cause e sintomi della malattia
L’anemia mediterranea viene trasmessa dai genitori ai figli al momento del concepimento. Ogni nuova vita è il frutto della ricombinazione di due metà di DNA: metà della madre e metà dal padre. Se entrambi i genitori sono portatori sani di anemia mediterranea, la ricombinazione del DNA può dare origine a tre diverse configurazioni genetiche:
Il bambino con anemia mediterranea è soggetto a una importante carenza di emoglobina, la proteina capace di trasportare il ferro, elemento indispensabile per legare l’ossigeno e, quindi, per la sopravvivenza stessa. E’ l’emoglobina la responsabile della quantità di ossigeno trasportata attraverso il sangue in tutti i tessuti e da cui recupera l’anidride carbonica portandola fin nei polmoni dove verrà rilasciata per fare nuovamente il pieno di ossigeno. L’anemia mediterranea si manifesta già nella primissima infanzia nei primi 6 mesi di vita, i sintomi sono: pallore, senso di affaticamento ed incremento di crescita inferiore alla norma. Nelle forme più serie, i sintomi sono presenti già alla nascita. Grazie allo screening pre-natale, amniocentesi e villocentesi, è oggi possibile sapere già al terzo-quinto mese di gestazione se il bambino in arrivo è affetto da anemia mediterranea, in questo caso la coppia ha anche l’opzione di continuare la gravidanza e curare il bambino dopo il primo vagito. Prima di affrontare una gravidanza è importante che la coppia si sottoponga ad un semplice test per verificare la condizione di portatore sano.
I rischi per la salute e le possibilità di cure
I bambini con anemia mediterranea e quindi malati, devono essere trattati con trasfusioni di sangue, ogni 15-20 giorni circa. Le trasfusioni consentono di riequilibrare i livelli di emoglobina, il rischio conseguente è l’eccessivo apporto di ferro nel sangue che, a lungo andare, potrebbe accumularsi nel cuore, nel fegato e in altri organi, danneggiandoli seriamente causando l’emocromatosi secondaria. Oggi è possibile ricorrere a particolari farmaci, i cosiddetti chelanti del ferro che, somministrati a livello sottocutaneo o assunti per via orale più volte al giorno, eliminano il ferro in esubero. L’associazione trasfusioni-terapia chelante garantisce ai bambini buone condizioni di salute tali da permettere loro di diventare adulti, lavorare e costruirsi una famiglia. In alcuni casi, è inoltre è possibile ricorrere al trapianto di midollo osseo, al momento è l’unica terapia risolutiva. Il trapianto tuttavia non è esente da rischio, quindi è riservato a malati di anemia mediterranea affetti da altre malattie serie e soltanto in presenza di donatori compatibili.
Aiutiamo i bimbi nella quotidianità
Le trasfusioni di sangue ed i farmaci sono indispensabili per la qualità della vita, ma i genitori possono aiutare il proprio bimbo a vivere al meglio la quotidianità. Sono sufficienti davvero pochi accorgimenti come il ridurre il consumo di alcuni alimenti. La carne bovina è ricca di ferro, il suo consumo quotidiano potrebbe accelerare l’accumulo di ferro nell’organismo. Per lo stesso motivo è opportuno non utilizzare pentole e padelle in ghisa: con il calore potrebbero rilasciare negli alimenti tracce di ferro. Va incoraggiato il consumo di tè, è preferibile il deteinato nel caso dei piccoli e di latte: queste bevande aiutano a ridurre l’assorbimento del ferro in eccesso. I bimbi con anemia mediterranea sono anche più a rischio di contrarre infezioni. Per questo motivo è bene tenerli lontano da persone malate e vaccinarli anche contro l’influenza. Infine, è importante insegnare ai bambini a osservare una opportuna igiene. Educhiamoli quindi a lavarsi spesso le mani è un modo semplice ed economico per proteggersi.
Sara Blesio
Consulenza del professor Luigi Tarani
Ricercatore Clinica Pediatrica
Università degli Studi ”La Sapienza” di Roma