Proporre gli alimenti considerati più allergizzanti, come pesce e arachidi, il più tardi possibile, per evitare di predisporre un bambino all’allergia: questa è la linea per la prevenzione delle allergie alimentari nei bambini. O, forse, dovremo dire – era – visto che sembra più efficace una prevenzione che consiste nel proporre proprio i cibi più rischiosi ancor prima del canonico tempo dell’inizio dello svezzamento: cinque mesi se alimentato e sei mesi se allattato.
Cibi allergenici a quattro mesi
Lo afferma un editoriale del New England Journal of Medicine, riportando i risultati di uno studio condotto su 1300 neonati. La ricerca, denominata Leap, aveva stabilito che proporre il burro di arachidi ai bambini in età precoce, attorno ai quattro – cinque mesi ridurrebbe drasticamente il rischio di allergia. Per verificare se lo stesso principio poteva valere anche per altri alimenti, i ricercatori del King’s College di Londra hanno suddiviso i bimbi in due gruppi. I genitori dei piccoli che avevano assunto precocemente gli alimenti dovevano offrire ai figli ogni settimana tre cucchiaini da the di burro di arachidi, un uovo, 50 grammi di yogurt di latte vaccino, tre cucchiaini di pasta di sesamo, 25 grammi di pesce e due biscotti ai cereali. Circa il 42% dei bimbi, i cui genitori si sono attenuti fedelmente alle indicazioni, hanno avuto un tasso di allergie decisamente inferiore, il 2,4% contro il 7,2%. I risultati sono insomma confortanti, ma gli esperti hanno notato che molti genitori erano restii a nutrire i propri figli con i cibi allergizzanti, proprio per timore di una reazione avversa o addirittura di uno shock anafilattico. Questo potrebbe essere il motivo per cui, almeno al momento, sarà difficile applicare questa cura preventiva al problema delle allergie alimentari, che è ancora uno dei meno conosciuti. Il metodo ideato dai ricercatori del King’s College intende essere un tentativo per arginare il sempre crescente numero di allergie.
Somministrare i cibi al momento giusto
I cibi che causano più spesso allergia sono quelli di uso comune, come il pomodoro, il pane, il latte di mucca e i suoi derivati, l’olio di oliva e diversi tipi di frutta. La teoria comune è che i bambini allergici a questi cibi lo sono diventati a causa di uno svezzamento scorretto: il loro organismo è entrato in contatto con essi nel momento sbagliato e ne è rimasto sensibilizzato. Ma qual è il momento giusto e quando invece è il momento sbagliato? È soprattutto questo a suscitare interrogativi tra gli esperti alla ricerca di soluzioni. Fino a pochi anni fa, il convincimento generale era inserire i cibi allergizzanti il più tardi possibile, quando l’organismo era davvero pronto. Oggi si pensa invece che esiste una finestra tra i quattro e i sei mesi in cui il sistema immunitario è più ricettivo e disponibile ad accogliere sostanze abituandosi ad esse. La ricerca in effetti va proprio in questa direzione. Le allergie alimentari sono tra le più subdole, perché i bambini possono entrare in contatto con l’alimento responsabile in qualsiasi momento. Spesso i sintomi sono a carico dell’apparato respiratorio e si identificano con crisi di asma. Identificare il sistema per prevenire queste allergie è tra le priorità della pediatria.
Giorgia Andretti