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Sindrome di Brugada, la sua conoscenza è necessaria

sindrome di brugada
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Purtroppo, spesso si legge di giovanissimi che si accasciano sul campo da calcio o pallavolo. Un pensiero agghiacciante che terrorizza tutti i genitori. In questi casi, la responsabilità è da imputare ad un’aritmia cardiaca non diagnosticata, come la sindrome di Brugada. A volte la patologia non riesce ad essere diagnosticata dagli esami base per la salute del cuore. Alcuni ricercatori sono però riusciti a individuare alcune linee guida sulle quali basarsi per individuare i casi a rischio. Lo studio, pubblicato su Hearth Rhythm, consente anche una valutazione più esatta dell’efficacia delle misure di prevenzione.

Conosciamo la sindrome di Brugada

La sindrome di Brugada è una alterazione cardiaca genetica che espone a rischio di morte improvvisa, anche in assenza di difetti strutturali del cuore. Lo studio, condotto dall’ospedale Bambino Gesù, descrive in maniera specifica e per la prima volta gli effetti della sindrome di Brugada in soggetti di età inferiore ai 12 anni, anche per evitare esami inutili e trattamenti spesso non adeguati. La sindrome di Brugada prende il nome dai fratelli Pedro e Josep Brugada, che nel 1992, identificarono questa patologia genetica del sistema elettrico del cuore con una frequenza di 1/2.000 – 1/5.000 individui. Colpisce alcune strutture poste sulla superficie delle cellule del cuore – i canali ionici – attraverso cui gli ioni – sodio, potassio, magnesio e calcio – escono ed entrano dalla cellula. Il malfunzionamento di queste strutture crea degli squilibri nell’attività elettrica aumentando il rischio di aritmie potenzialmente fatali. Questa patologia si manifesta soprattutto nei giovani adulti, ma anche i bambini e gli adolescenti ne possono essere soggetti. La sindrome di Brugada è responsabile di circa il 5% di tutte le morti improvvise in età sopra i 18 anni e avviene durante il sonno o il riposo.

Chi rischia di avere la sindrome di Brugada

Sono considerati a rischio i soggetti con pregresso arresto cardiaco, familiarità per morte improvvisa, esperienza precedente di episodi sincopali e brevi perdite di conoscenza che provocano la caduta del soggetto se questi è in piedi. In letteratura sono pochi i lavori scientifici che riportano dati su pazienti pediatrici affetti da questa sindrome e sono relativi a popolazioni tra 0 e 19 anni. L’ampio arco di età che coinvolge bambini, preadolescenti e giovani adulti non permette di capire esattamente come si esprime la sindrome di Brugada nei bambini che sono nella fascia compresa tra 0-12 anni. Con l’obiettivo di ottenere dati più̀ certi, l’Unità di ricerca Cardiopatie nell’ambito dell’Area di ricerca Malattie Multifattoriali dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ha promosso dapprima la stesura delle prime Linee guida sul corretto comportamento da adottare con i bambini minori di 12 anni affetti da Sindrome di Brugada, pubblicate sulla Rivista Minerva Pediatrica nel 2019. In seguito ha realizzato uno studio osservazionale su un gruppo di pazienti del Bambino Gesù̀ che hanno presentato la sindrome in questo range d’età̀.

I risultati dello studio

L’obiettivo era identificare le caratteristiche, i risultati a distanza di tempo e i fattori di rischio associati con gli eventi aritmici e cardiovascolari. Nello studio sono stati coinvolti 43 pazienti, 25 femmine e 18 maschi, selezionati in base allo screening elettrocardiografico o dall’invio da altri Centri. Di questi, 13 presentavano un pattern ECG spontaneo e 30 indotto in 24 casi da febbre. In 14 pazienti era presente una mutazione del gene SCN5A. Il follow-up mediano è stato di 4 anni. Dai dati raccolti si evince che l’incidenza di aritmie maligne, quindi a rischio di morte improvvisa, è stata significativamente maggiore nei soggetti che avevano già avuto una sincope oppure che avevano la mutazione del gene SCN5A, oltre che nei pazienti ad alto rischio che erano risultati positivi allo studio elettrofisiologico del cuore. Un altro dato rilevante emerso dallo studio è che il pattern ECG Brugada di tipo 1 spontaneo, non sembra essere associato a un’incidenza maggiore di aritmie maligne e non maligne o episodi di sincope rispetto a quello indotto da farmaci o febbre. Questo dato sconfessa alcuni precedenti studi che, includendo pazienti con ampio arco di età̀ pediatrica, affermavano il contrario. Nel campione di pazienti minori di 12 anni, inoltre, è stata notata una frequenza di eventi aritmici maligni maggiore nelle femmine, in modo opposto a quanto avviene  dopo la pubertà, caratterizzata nei maschi dall’aumento della produzione di testosterone.

Sahalima Giovannini

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