

La logica vorrebbe che in caso di difficoltà economiche ci sia una restrizione della quantità di cibo disponibile con un conseguente dimagrimento. Questo avveniva forse nei tempi antichi, quando le condizioni climatiche avverse erano causa di carestie. Oggi sembra che sia la recessione e la disoccupazione a far lievitare di peso bambini e adulti. Lo hanno rilevato alcuni esperti della John Hopkins University di Baltimora: ogni punto percentuale in più di disoccupazione equivale a 4 punti di rischio sovrappeso per un bambino in età scolare.
Meno soldi, più peso
Lo studio, pubblicato sul Journal of Epidemiology and Community Health, richiama l’attenzione sulle conseguenze a lungo termine di abitudini alimentari sbagliate, perché un bambino sovrappeso sarà quasi sicuramente un adulto sovrappeso o addirittura obeso, con serie conseguenze sul piano della salute. Gli esperti hanno esaminato un campione di 1,7 milioni di bambini e ragazzi in età scolare, il cui peso è stato tenuto sotto controllo negli anni cruciali della crisi, tra 2008 e 2012. E’ risultato che nel 2008, all’inizio della crisi economica, il 28% dei bambini era sovrappeso. La percentuale è salita al 40% nel 2009, assestandosi al 37% nel 2012. Gli esperti hanno calcolato che per un tasso di disoccupazione medio del 5,4% in quel periodo, il rischio di obesità infantile e giovanile è salito del 21%.
Le cause dell’aumento di peso
Diventare più grassi in un periodo di recessione può sembrare un paradosso, ma non è così. In ogni epoca infatti alle esigenze strettamente alimentari si sommano anche situazioni sociologiche e scelte che riguardano lo stile di vita. Quindi, un tempo, alla mancanza di denaro equivaleva l’impossibilità di acquistare i viveri, mentre oggi la minore disponibilità economica costringe a scelte sbagliate, perché è difficile, se non impossibile, rinunciare all’abbondanza di cibo nella quale si è vissuti per molto tempo. Quindi, al posto di scegliere alimenti di qualità come frutta, ortaggi, pesce ci si orienta sul cibo spazzatura, che purtroppo, è anche quello economicamente più vantaggioso. Basti guardare le offerte che provengono dai fast food, dove l’accoppiata hamburger – patatine fritte costa davvero pochi euro e quindi non diventa difficile fare il bis. Lo stesso vale per i dolciumi industriali: una confezione che equivale, per esempio alla confezione per una famiglia di quattro persone costa meno di un euro. Ovvio che, abituati a mangiare molto e a preferire cibi saporiti, un’intera confezione di dolci possa essere divorata da una sola persona, con un introito di calorie, zuccheri e grassi davvero eccessivo.
Ci si muove meno di prima
Avere meno denaro costringe ovviamente a decidere come spendere le risorse ridotte. Purtroppo, di solito genitori e ragazzini compiono scelte sbagliate, come quella di rinunciare, magari, al corso sportivo e di investire la somma nell’acquisto di uno smartphone oppure di un tablet: decisioni a netto favore di una netta sedentarietà. Le conseguenze di tali scelte non vengono comprese. Infatti avere un nuovo cellulare equivale a restarsene per ore seduti, mentre l’iscrizione a un corso sportivo significa fare del movimento almeno due volte alla settimana. E i benefici dello sport vanno oltre, perché muovendosi un ragazzo impara anche a socializzare, migliora le proprie abitudini di vita, diventa normalmente più attivo e per imitazione degli altri si migliora, reimpostando anche le scelte alimentari. La nostra Zia Vittoria potrà essere un valido aiuto su come mettere a tavola con pochi spiccioli cibo di qualità. Insomma, è bene riflettere su come spendere la minore disponibilità di risorse, sforzandosi di operare scelte migliori per un reale investimento nel futuro dei figli.
Sahalima Giovannini