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I disturbi uditivi possono avere origini diverse, ma incidono comunque in modo paritario sulla qualità della vita e sulle potenzialità espressive di un individuo. Per questo motivo è importante diagnosticarle per tempo, cioè nei primissimi mesi di vita. Questo è possibile oggi grazie ad apparecchiature sofisticate, che permettono di misurare l’efficienza dell’apparato uditivo alla nascita. In questo modo è possibile intervenire nei primi tre anni di vita, periodo fondamentale per lo sviluppo linguistico e psicologico.
Le prime verifiche
Alla nascita la sensibilità della coclea è paragonabile a quella di un adulto. In un neonato, infatti, è già possibile rendersi conto di eventuali problemi uditivi osservando le sue reazioni a rumori e suoni improvvisi. Per questo, nei reparti di maternità, pediatri e ostetriche effettuano il cosiddetto “test di stimolazione audiometrica comportamentale”. Consiste nel far ascoltare a un neonato suoni improvvisi, come ad esempio il trillo di un campanello, il piccolo in assenza di problemi reagisce con modificazioni del suo comportamento. Una di queste reazioni è il riflesso di Moro: il bebè allarga le braccia, portando in alto le gambe. Le verifiche continuano anche a casa e sono i genitori stessi a occuparsene: basta osservare le reazioni del bambino ai suoni improvvisi e fastidiosi: deve girare la testa nella direzione da cui proviene una voce. È anche importante osservare come un bimbo reagisce ai suoi più lievi, come ad esempio la consonante “s” sussurrata a bassa voce prima vicino ad un orecchio, poi all’altro. Se il piccolo reagisce e quindi dimostra di sentire il sussurro, non ci sono in vista problemi seri. Nel corso del primo anno di vita, infine, il bambino mostra la propria capacità di ascolto e presta attenzione ai suoni attorno a lui, come il campanello della porta, il suono del telefono, le musiche dei giocattoli e le voci delle persone.
I segnali dei disturbi uditivi
Uno dei primi segnali a cui prestare attenzione è la capacità di un bimbo di riconoscere una voce fuori campo. Può accadere ad esempio quando una persona pronuncia il nome del bimbo o gli fa una proposta, stando alle spalle del piccolo. Un ulteriore segnale di allarme è quando il piccolo mostra avere uno sguardo sorpreso o spaventato se qualcuno pronuncia il suo nome improvvisamente ad alta voce e se pronuncia spesso locuzioni del tipo “Eh?”, “Come?”. Un bimbo con problemi di acuità uditiva, è interessato a fissare il viso del suo interlocutore, come per “leggere” sulle labbra le parole. Se guarda la televisione, siede più vicino al video anche se il volume è normale per il resto della famiglia. Attenzione deve essere posta infine, se il bambino non reagisce a ai suoni intensi e non risponde quando viene chiamato. Se questa evenienza dovesse ripetersi più volte, i genitori dovrebbero cercare di comprenderne la genesi ovvero, se il bimbo non risponde per pigrizia o semplice distrazione.
Ecco come si effettua la diagnosi precoce
Al minimo dubbio di un deficit sensoriale i genitori dovrebbero parlarne immediatamente con il pediatra di riferimento affinché possa programmare il piano di intervento diagnostico. Il piccolo viene in questo caso sottoposto a una serie di test , tutti privi di disagi o fastidi, al contrario, possono essere anche divertenti.
Se attraverso l’insieme di questi esami viene evidenziato un deficit nell’orecchio interno e quindi, problemi di ricezione e trasmissione dei suoni, si può intervenire con il posizionamento di dispositivi all’interno del canale uditivo o di apparecchi esterni, da posizionare dietro l’orecchio. Nei casi di sordità molto seria si può ricorrere all’elettrodo cocleare.
Sahalima Giovannini