Avere una conoscenza reale su cosa sia l’ADHD – Attention Deficit Hyperactivity Disorder – è un grande passo verso l’accettazione della diagnosi emessa sul proprio figlio e soprattutto verso l’accettazione del compagno di classe dei nostri figli. La conoscenza di cosa sia l’ADHD e quali risultati aspettarsi è la via maestra per essere un genitore migliore per il proprio figlio ed affiancarlo nel percorso terapeutico.
La sindrome è una vera e propria condizione medica che influenza il modo in cui la mente di un bambino si sviluppa e funziona. I bambini con ADHD hanno difficoltà con le funzioni esecutive: pianificare, organizzare e controllare i propri comportamenti ed emozioni. Alcuni bambini hanno problemi con la concentrazione e l’attenzione. Altri non riescono a stare fermi o a controllare i propri impulsi. Alcuni bambini presentano sia iperattività che disattenzione. Questi sintomi possono ostacolare la scuola, le amicizie e la vita domestica. I ricercatori non hanno ancora ben compreso il meccanismo della sindrome – ADHD – l’unica cosa certa è che sia una forma ereditaria. Il ragazzino con la sindrome ADHD ha una possibilità su 4 che lo sia stato anche uno dei due genitori. Altri fattori che potrebbero essere responsabili nell’attivazione della sindrome ADHD sono:
La diagnosi dell’ADHD deve essere emessa da un neuropsichiatra infantile o psichiatra in quale effettuerà una valutazione basata sul feedback dei genitori, degli insegnati e del pediatra di base.
La maggior parte dei bambini con ADHD riceve una diagnosi tra i 3 e i 7 anni. A volte è difficile distinguere il normale comportamento dei bambini in età prescolare dall’ADHD. I bambini con questa condizione hanno difficoltà a concentrarsi o prestare attenzione a causa delle reali differenze nel modo in cui funziona il loro cervello rispetto a quello degli altri bambini. Non sono né pigri né testardi, ecco perché è importante ottenere una diagnosi da un operatore medico della salute mentale. Il trattamento prevede una combinazione di psicoterapia e farmaci. I medicinali chiamati psicostimolanti possono aiutare a ridurre l’iperattività e altri sintomi. È bene essere chiari sul fatto che il farmaco non cura ma attenua la sintomatologia, i bambini potrebbero dover continuare a seguire questi trattamenti a lungo termine. La psicoterapia più efficace è la cognitivo-comportamentale – CBT – aiuta i bambini a lavorare su abilità come il controllo degli impulsi e l’organizzazione. I sintomi possono quindi migliorare nel tempo man mano che i bambini imparano a gestirli. Anche dall’alimentazione si possono avere dei benefici, è opportuno proporre dei menù che tengano conto di alcuni nutrienti. Purtroppo, circa l’80% dei bambini continuerà ad avere i sintomi, anche se in forma più attenuata anche da adulti.
Dott.ssa Rosalba Trabalzini
Medico Psichiatra. Psicoterapeuta CBT e Laurea in Psicologia Clinica
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