Gli adolescenti sono più felici quando si dedicano ad aiutare gli altri

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Gli adolescenti sono più felici quando si dedicano ad aiutare gli altri

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Fare del bene fa stare bene, non più solo un detto comune, oggi ha una conferma scientifica. E, aspetto ancora più importante, vale ancora di più per i giovani: sì, proprio per i nostri figli adolescenti o poco più. Ragazzi fragili che sembrano avere perso la bussola nel mare della vita, soprattutto oggi, quando le speranze per il futuro non sembrano in effetti particolarmente rosee. Insomma, dedicarsi agli altri, oltre ad essere obiettivamente un atto di generosità disinteressato, di cui tanti hanno bisogno, fa stare bene anche i ragazzi.

Meglio un atto di affetto che ricevere denaro
Aiutare gli altri attiva negli adolescenti aree del cervello associate al sistema limbico e regala una sensazione di appagamento profondo e duraturo, maggiore di quanto accada nello svolgere attività che forniscono ricompense immediate per se stessi, come ricevere denaro, mangiare cioccolato o ascoltare musica. Lo hanno dimostrato i ricercatori della University of California: sono stati sottoposti 39 adolescenti a questionari per monitorare il livello di depressione e ad alcuni esperimenti diversi, in cui potevano scegliere se donare ricompense in denaro alla famiglia o tenerle per sé e sperimentare il rischio di perdere tutto. Mentre i giovani eseguivano queste prove, venivano monitorate le reazioni cerebrali con la risonanza magnetica funzionale. I test sono stati ripetuti a distanza di un anno e la ricerca è pubblicata su Proceedings of the National Academy of Sciences. I ricercatori sono arrivati a questa conclusione: nei ragazzi che sceglievano attività altruistiche si attivava in modo più evidente il cosiddetto – striato ventrale del cervello – l’area del sistema limbico connessa con il piacere e, a distanza di un anno si è avuto anche una diminuzione dei sintomi depressivi. Quelli che invece sceglievano ricompense immediate per se stessi non erano altrettanto gratificati e tendevano a divenire più depressi nel tempo.

Spingiamo i figli a fare del bene
Aiutare gli altri potrebbe essere un valido aiuto come prevenzione di forme depressive che iniziano a manifestarsi già nella prima adolescenza, per poi sfociare in modo più sintomatico intorno ai 17-18 anni. Il problema è che il fare del bene agli altri, del volontariato senza avere nulla in cambio, è un aspetto poco considerato nella società di oggi, in primo luogo dagli adulti. Troppo spesso si pensa che fare qualcosa senza ricevere nulla in cambio sia una perdita di tempo. Per questo i genitori preferiscono iscrivere i ragazzi a un corso sportivo, di musica o di lingua straniera o, raggiunta la maggiore età, li invogliano piuttosto a cercare un piccolo lavoro, per pagarsi gli sfizi e iniziare a fare esperienza. Tutto questo è più che giusto, ma anche dedicarsi a qualcosa per gli altri non può che fare del bene. Infatti, insegna un valore importante, profondamente umano e altamente etico: dare senza chiedere nulla. È un insegnamento essenziale in un mondo in cui ogni azione viene compiuta per ottenere, guadagnare e apparire. La scelta del chi aiutare è davvero vasta. Si può decidere di tenere compagnia a una persona anziana, anche solo facendole la spesa, accompagnandola dal medico o facendo due chiacchiere: sarà bello condividere le esperienze di chi è stato giovane tanti anni fa. Si può aiutare il compagno di classe con difficoltà motorie e psichiche oppure i bambini bisognosi, anche figli di stranieri, nei compiti, oppure tenendo loro compagnia quando i genitori sono fuori casa per lavoro. Si può dare una mano nei canili o nei gattili, dove tanti animali soli hanno bisogno di una carezza. Si può aiutare a ripulire i parchi, aiutando l’ecologia e l’ambiente. Vale la pena, insomma, rubare un po’ del proprio tempo che spesso si dedica alla televisione o ai videogiochi per pensare agli altri: per fare del bene a chi è meno fortunato e anche per fare stare bene se stessi.

Giorgia Andretti

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