Non tutti gli esami ematici sono necessari, alcuni sono perfino dannosi

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Non tutti gli esami ematici sono necessari, alcuni sono perfino dannosi

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Molti esami, trattamenti farmacologici e chirurgici largamente diffusi nella pratica medica non apportano benefici, rischiando addirittura di essere dannosi. Secondo indagini condotte negli USA, almeno il 30% della spesa sanitaria se ne va in prestazioni inefficaci o non necessarie. In Italia, il rapporto tra risultati clinici e spesa pro capite per la salute è uno dei migliori a livello internazionale e di gran lunga più favorevole rispetto a quello USA. Tuttavia, mentre alcune aree meriterebbero maggiori investimenti, le cure agli anziani ad esempio, in altre aree si verifica un eccesso di esami e trattamenti: basti pensare all’altissimo numero di TAC e RMN per numero di abitanti, alla percentuale di parti con cesareo e all’utilizzo non necessario di antibiotici. Per ottimizzare le spese si sta impegnando Slow Medicine, rete di professionisti e di cittadini che si riconosce in una medicina sobria, rispettosa e giusta, la quale intende lanciare in Italia il progetto – Fare di più non significa fare meglio. Promuovono il progetto, tra gli altri, anche Fnomceo, Altroconsumo e Slow Food Italia.

Attenzione agli esami che non servono
Un esempio degli esami non utili sono i test per le intolleranze alimentari: non tutti, ovviamente. Alcuni, come l’anamnesi, le diete a rotazione o a esclusione, riescono veramente a individuare l’alimento non tollerato. Altri, invece, sono del tutto inutili ed è quindi opportuno fare attenzione se vengono proposti, non solo per la diagnosi dell’intolleranza, ma anche per spiegare per esempio difficoltà di dimagrimento alle quali non si riesce a trovare una spiegazione. Uno è il Dria test, nasce dalla kinesiologia applicata, una parte della medicina che studia le variazioni del tono muscolare in rapporto al mutamento delle condizioni di salute. Parte dal presupposto che, a contatto con le sostanze mal tollerate, si possa misurare la forza muscolare della persona per individuare l’intensità dell’intolleranza stessa. Inoltre esiste il Vega test, un test bioelettronico, si avvale di una apparecchiatura capace di misurare le variazioni di energia nell’organismo di una persona quando questa entra in contatto con la sostanza non tollerata. Inoltre, esistono alcuni tipi di test sul sangue che partono dal principio di mettere a confronto un campione di sangue della persona con le sostanze responsabili. In realtà, questi esami non sono eseguiti con sistemi scientificamente sicuri: o perché le sostanze usate come reagenti non sono pure, o perché non si separano bene i globuli bianchi e le piastrine dal resto del sangue, o perché non si hanno attrezzature appropriate.

Escludere un cibo per sentirsi meglio
Le intolleranze alimentari sono un malessere cronico, cioè prolungato nel tempo, causato dall’ingestione di alimenti di uso comune: grano, latte, olio, pomodoro, caffè e così via. Contrariamente alle allergie alimentari, le quali danno luogo a reazioni cutanee immediate come orticaria ed edemi, le intolleranze possono provocare disturbi a carico di qualsiasi apparato. I sintomi più ricorrenti, comuni a tutti i tipi di intolleranze alimentari, sono dolori addominali, disturbi intestinali, cefalea, nausea, eruzioni cutanee di tipo pruriginoso come l’orticaria. Possono anche comparire disturbi di tipo respiratorio come la rinite e l’asma bronchiale. Persino sovrappeso e ritenzione idrica possono trovare nelle intolleranze alimentari concause determinanti. I due tipi di intolleranze più diffusi sono l’intolleranza al latte, causata dalla carenza della lattasi, un enzima che ha la funzione di digerire il lattosio e la celiachia o morbo celiaco, che colpisce fin da bambini. Chi ne soffre non riesce a digerire il glutine, una sostanza contenuta in alcuni cereali come grano, orzo, avena e segale. Per non essere soggetti a disturbi, i portatori di celiachia devono evitare alimenti comuni come il pane o la pasta, che contengono glutine. Possono essere diagnosticate con sicurezza in primo luogo con una attenta anamnesi, ossia indagando con attenzione i malesseri e quando si presentano, per esempio in concomitanza di determinati alimenti. Inoltre si eseguono le diete, a esclusione o a rotazione, perché escludendo il cibo responsabile la persona si dovrebbe sentire meglio. Infine è possibile effettuare uno specifico test, disponibile però solo presso ambulatori specializzati e a pagamento, che mette a confronto i leucociti, i globuli bianchi, della persona che soffre di intolleranza con un po’ di sostanza sospetta.

Giorgia Andretti

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