Fame, dolore, stanchezza: per un neonato lacrime e strilli rappresentano il principale sistema di comunicazione con il mondo. Breve guida per imparare a decifrare i suoi bisogni.
Le prime settimane di vita di un bambino rappresentano un periodo di adattamento alla vita e, proprio per la confusione inevitabile che ne consegue, è molto difficoltoso capire quali messaggi ci invia attraverso il pianto. Quindi, soltanto dopo questo primissimo periodo è possibile interpretare correttamente quali sono le esigenze del neonato. Chi si occupa di osservare il comportamento dei bambini nei loro primi due mesi di vita afferma con certezza che è possibile capire quali sono i messaggi che il neonato ci invia attraverso il pianto. Per un bambino piangere è il mezzo principale per comunicare; attraverso il pianto potremo capire quando ha bisogno di essere alimentato, quando ha bisogno di essere preso in braccio, quando sente freddo o quando è bagnato e vuole essere cambiato. Esiste un vero e proprio alfabeto del pianto relativamente alla sua intensità, al suono, al ritmo e alle posizioni che il bebè assume. Proviamo a vedere quali sono le situazioni di pianto che si verificano più frequentemente nei primi mesi di vita di un bambino e come è possibile rispondere alla sua richiesta di aiuto.
Il pianto della fame
Se il bambino scoppia in un pianto fragoroso e improvviso che diventa via via più intenso, anche se apparentemente nulla poteva causare tale reazione, e apre la bocca rivolgendola verso di voi se lo prendete in braccio, è manifestatamene affamato. Non siate, in questo caso, troppo rigide con gli orari della poppata e, se possibile, lasciate a lui o lei autoregolarsi sui momenti di maggior fame: quindi procedete ad una poppata extra e tranquillizzatelo. Se dovesse rifiutare il latte, è probabile che abbia semplicemente sete. Porgetegli quindi dell’acqua in un biberon.
L’aria nel pancino
Se, mentre e intento a succhiare il latte, si interrompe e inizia a piangere, cercando comunque di continuare a ricevere il vostro latte, è probabile che abbia ingerito troppa aria e questo gli impedisce di nutrirsi ancora. In questo caso fate una pausa e aiutatelo ad eruttare mettendolo a pancia in giù sul vostro avambraccio, massaggiandogli piano la schiena, oppure tenetelo in posizione verticale davanti a voi con la sua testina appoggiata alla vostra spalla.
Il pianto di stanchezza
Se, girando la testina da destra a sinistra, emette una specie di lamento, con lo sguardo spento e le guance rosse e gonfie, starà tentando, dondolando la testa, di addormentarsi. Quando notate che il bambino è stanco, o se è sveglio da molte ore, coricatelo nel suo lettino perché prenda sonno da solo, con accanto il pupazzetto preferito che possa rassicurarlo. Ricordate che un pianto lamentoso e sommesso può essere una sorta di avvertimento che il bambino vi manda quando è troppo stimolato da giochi o persone che gli sono intorno. Durante il pomeriggio, quindi, preferite sempre giochi piuttosto tranquilli.
Il pianto di dolore
Se ad un gemito alto e prolungato segue una pausa, come se il vostro piccolo cercasse di trattenere il respiro, si tratta in genere di un pianto di dolore. Potrebbe trattarsi di coliche gassose o di un infezione come l’otite, che gli provoca un fastidioso malessere. In questo caso, se il pianto si prolunga eccessivamente e verificate che il bambino ha anche qualche linea di febbre, consultate il vostro pediatra. Se il pianto prolungato si verifica soprattutto di sera si tratterà quasi sicuramente di coliche: allora, massaggiategli la pancia delicatamente già dal mattino.
Voglia di coccole
Se piccoli borbottii e gorgoglii, quando è l’ora della nanna, si trasformano, progressivamente in più fragorose proteste e lamenti e, nonostante l’offerta del latte, non smette di lamentarsi, probabilmente sta soffrendo di un po’ di solitudine o di noia e richiede il conforto della vostra presenza. Avvolgetelo allora in una coperta o in uno scialle e tenetelo stretto tra le braccia camminando in casa. Sussurrategli una canzoncina mentre lo cullate: questo gli riporterà alla mente il periodo in cui “volteggiava” nel liquido amniotico. Se si lamenta prima del sonno controllate sempre che il pannolino sia pulito, che non indossi abbigliamento troppo pesante e che l’ambiente che lo circonda non sia troppo rumoroso. Ogni genitore scopre con il tempo qual è la tecnica più adeguate per calmare il pianto del proprio bambino. Vale la pena, però, tenere presenti alcune possibilità di rassicurazione affettiva che generalmente danno buoni risultati.
Dott.ssa Rosalba Trabalzini
Psichiatra – Psicoterapeuta- laureata in psicologia clinica